
Il presidente Trump vieta ufficialmente ai cittadini di sette paesi musulmani di entrare negli Stati Uniti per almeno 90 giorni. Dalla lista nera esclude però alcuni paesi musulmani, che pure hanno forti legami con il terrorismo.
Sorprende non poco l'ordine firmato al Pentagono che sospende il rilascio dei visti o permessi di viaggio a persone provenienti da Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan e Yemen.
Sbalordisce perché non un solo americano è stato ucciso da cittadini di uno di questi paesi tra il 1975 e il 2015, mentre ben quasi 3.000 americani sono stati uccisi, nello stesso periodo di tempo, da persone originarie di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Turchia . La maggior parte delle vittime viene conteggiata negli attacchi dell' 11 settembre. A dirlo non è una statistica qualunque, ma quella stilata dal Cato Institute, gruppo di sapienti d'orientamento libertarian, con sede a Washington.
Eppure, nessun cittadino di questi quattro paesi verrà cacciato al momento del proprio ingresso negli Stati Uniti
Eppure, nessun cittadino di questi quattro paesi verrà cacciato al momento del proprio ingresso negli Stati Uniti
IL fatto è che il tycoon newyorkese coltiva grandi interessi commerciali in alcuni dei paesi esclusi dalla lista. Il suo tentacolare impero ha impostato accordi, afferrato licenze miliardarie per lo sviluppo dei Paesi arabi. Gli affari di Trump all'estero interessano anche Azerbajan, Indonesia, Panama. Ma è dir poco: almeno 111 società a lui legate hanno stretto affari in 18 Paesi stranieri
Gli affari sono concentrati soprattutto nell'area alberghiera e immobiliare, con una codina ambigua che arriva fino in Turchia, da dove un costruttore, dal 2014 ad oggi, ha versato al presidente americano le bellezza di 10 milioni di dollari, per una licenza che gli consente di poter chiamare Trump Towers Istanbul il suo grattacielo.
Il cosiddetto "blind trust", tradizionale strumento scelto dai presidente americani per fugare sospetti sul conflitto di interessi, per Trump è anche meno di un optional. Il presidente eletto rifiuta categoricamente di affidare il suo impero globale ad gestione indipendente. Dice che l'azienda di famiglia continuerà ad essere gestita dai figli; ai quali nessuno potrà evidentemente impedire di concludere affari con investitori stranieri che mirino alla potenza del padre presidente.

ARABIA SAUDITA
Non si sa molto sull'ammanigliamento di Trump ai sauditi. Ma qualche informazione l'abbiamo. Nell'agosto del 2015, due mesi dopo la discesa in politica, il miliardario ha registrato 8 società, presumibilmente collegate ad affari nel settore alberghiero in città straniere. Lo si deduce dalla tipicità tutta "trumpiana" dei nomi assegnati ad alcune di esse: THC Jeddah Hotel e DT Jeddah Technical Services. Jedda, appunto, seconda città dell'Arabia Saudita per importanza. (fonte, Washington Post)E che i sauditi siano entrati a pieno titolo nelle grazie del Trump non è un mistero.
"Comprano appartamenti da me, spendendo tra i 40 e i 50 milioni di dollari - ha detto recentemente mentre si trovava in Alabama - Dovrebbero forse non piacermi? Mi piacciono molto, invece"!
E poco importa se un rapporto d'intelligence avverta l'America che il governo saudita, insieme con i suoi cittadini più facoltosi, ha finanziato il radicalismo musulmano attraverso le moschee e le sedicenti associazioni di beneficienza presenti sul territorio degli Stati Uniti, proprio nel periodo precedente gli attacchi dell'11 settembre.
Chissenefrega se i 19 dirottatori erano in stretto contatto con filo-terroristi sauditi nelle ore dell'attacco alle Torri Gemelle. Durante l'orrore che ha cambiato il volto di Manhattan, di New York; ferito il cuore dell'America e del mondo. Business is business.
Invano le Nazioni Unite esortano Trump a consentire l'ingresso dei rifugiati.
D.Bart.
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