lunedì 16 gennaio 2017

Ungheria. Orban: «In arresto tutti i migranti durante la pratica di richiesta asilo.


Non è abbastanza la barriera metallica installata per cacciare i profughi. Il premier ungherese Viktor Orban vuole ora alzare un muro anche tra il diritto magiaro e quello umanitario internazionale. Decide quindi di ripristinare in Ungheria la custodia cautelare per gli immigrati durante la pratica di richiesta d' asilo. E poiché la totalità degli stranieri che bussano alle porte di Budapest sono richiedenti asilo, vuol dire mettere agli arresti tutti i profughi nell’attesa che venga esaminata la domanda di protezione umanitaria. In pratica tutti parificati a presunti criminali in attesa di giudizio.
Lo stesso Orban ne ha dato notizia alla radio pubblica Mr. Sotto le pressioni dell’Ue e dell’Onu, l’Ungheria aveva sospeso questa prassi nel 2013, ben prima dell’ondata di arrivi lungo la rotta balcanica. «La misura va contro le norme internazionali, precedentemente accettate anche dall’Ungheria. Lo sappiamo – ha detto sprezzante  Orban – ma lo faremo lo stesso». Insomma,  profughi  ostaggio di un governo. L’arresto sistematico è «apertamente contro l’Ue», ha continuato Orban, ma «dobbiamo proteggere la nostra sovranità» dalla minaccia rappresentata dai migranti chiaramente "collegati agli attentati terroristici».
Già in occasione del giuramento dei nuovi cadetti della guardia di frontiera, il premier aveva affermato che l’emergenza immigrazione non diminuirà, perché  l’Ungheria non può affidarsi a una soluzione qualunque da parte dell’Ue. Secondo Orban i migranti rappresentano «un rischio » per la cultura e la sicurezza degli ungheresi oltre che  una minaccia sul fronte del terrorismo. Per questo motivo, ha spiegato, l’Ungheria deve sorvegliare anche più di prima i suoi confini.
«In Europa, viviamo il tempo dell’ingenuità e dell’incapacità: gli immigrati sono vittime dei trafficanti, ma anche dei politici europei, che incoraggiano la migrazione con la politica di accoglienza », ha detto ancora Orban. «Da noi, non ci saranno camion che investono chi festeggia», ha concluso ricordando le stragi di Berlino e di Nizza. I tribunali magiari, però, hanno mostrato più volte di avere una differente concezione dello stato di diritto.
La corte di Szeged, città al confine con la Serbia, ha appena  condannato a tre anni di libertà vigilata la videoreporter che nel 2015  fece lo sgambetto ad alcuni profughi, facendo cadere a terra un uomo con in braccio il suo bambino di 7 anni, mentre tentavano di sottrarsi a una carica della polizia. Il filmato con le immagini che inchiodavano Petra Laszlo aveva fatto il giro del mondo suscitando profondo sdegno e unanime solidarietà nei confronti del siriano Osama Abdul Mohsen e di suo figlio Zaid. La cameraman non era presente in tribunale al momento della sentenza, ma si è fatta viva da una località sconosciuta cercando, in lacrime, di giustificarsi e difendersi, sostenendo di avere agito in quel modo perché in preda al panico durante la calca.
Ma tant'è. Szilard Nemeth, vicecapogruppo parlamentare del partito di maggioranza Fidesz, di cui Orban è il leader, ha lanciato un pesante avvertimento ad organizzazioni come Amnesty International e altre sigle impegnate nella promozione dei diritti umani. «È venuto il tempo di spazzare via le associazioni civiche che rappresentano il capitale globale, e il mondo del politically correct», ha detto Nemeth, annunciando che in futuro saranno sottoposte a uno stretto controllo.

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