Come è stato possibile che migliaia di individui, uomini e donne, tranquilli, normali, civili cittadini abbiano potuto non soltanto aderire ideologicamente, ma anche partecipare attivamente alla persecuzione e all'uccisione della minoranza ebraica in Europa?
La domanda accompagna da anni generazioni di studenti che per la prima volta affrontano i testi di Storia.
Per capirlo - almeno in parte- può essere utile prendere in considerazione il ruolo svolto dalla propaganda antisemita nella Germania nazista e nell'Italia fascista.
La domanda accompagna da anni generazioni di studenti che per la prima volta affrontano i testi di Storia.
Per capirlo - almeno in parte- può essere utile prendere in considerazione il ruolo svolto dalla propaganda antisemita nella Germania nazista e nell'Italia fascista.
Nella Settimana della Memoria, la Fondazione Museo della Shoah di Roma, propone una rassegna intitolata: "La razza nemica. La propaganda antisemita nazista e fascista”.
La mostra - aperta dal 30 gennaio al 7 maggio 2017 nella Casina dei Vallati al Portico d'Ottavia-
analizza le ragioni, le dinamiche e le forme del fenomeno.
La memoria s'avventura passo-passo lungo il percorso tortuoso e malandato che portò centinaia di civili alla condivisione-o alla tolleranza- dello scellerato piano Hitleriano. Le ragioni che contribuirono a rendere pienamente attuabile la persecuzione e lo sterminio di milioni di ebrei emergono evidenti tra manifesti, fotografie, oggettistica, giornali e riviste dell'epoca, insieme a documentari, film e corti di animazione. La propaganda antisemita non viene affidata solo ai mezzi di comunicazione di massa, ma è presente nella quotidianità della vita sociale e rintracciabile negli oggetti di uso comune come boccali e schiaccianoci, cartoline e francobolli, libretti dell'assicurazione medica, (dove veniva riportata la scritta: Meidet jüdische Ärze - Evitate medici ebrei), e persino nei giochi dei lunapark.
L 'esposizione è curata da Marcello Pezzetti e da Sara Berger: sapienti ed efficaci nel porre in successione la graduale e crescente propaganda antisemita che in Germania e in Italia andava tracciando il solco dell'avversione nel cuore della gente. Una sorta di filo rosso dell'odio su un duplice piano narrativo: da un lato l'evoluzione dell'antisemitismo in Europa dall'inizio del '900, dall'altro il ruolo centrale assegnato da fascismo e nazismo ai nascenti mezzi di comunicazione di massa per dare sostegno e giustificazione alle leggi razziali e alla shoah.
La mostra - aperta dal 30 gennaio al 7 maggio 2017 nella Casina dei Vallati al Portico d'Ottavia-
analizza le ragioni, le dinamiche e le forme del fenomeno.
La memoria s'avventura passo-passo lungo il percorso tortuoso e malandato che portò centinaia di civili alla condivisione-o alla tolleranza- dello scellerato piano Hitleriano. Le ragioni che contribuirono a rendere pienamente attuabile la persecuzione e lo sterminio di milioni di ebrei emergono evidenti tra manifesti, fotografie, oggettistica, giornali e riviste dell'epoca, insieme a documentari, film e corti di animazione. La propaganda antisemita non viene affidata solo ai mezzi di comunicazione di massa, ma è presente nella quotidianità della vita sociale e rintracciabile negli oggetti di uso comune come boccali e schiaccianoci, cartoline e francobolli, libretti dell'assicurazione medica, (dove veniva riportata la scritta: Meidet jüdische Ärze - Evitate medici ebrei), e persino nei giochi dei lunapark.
L 'esposizione è curata da Marcello Pezzetti e da Sara Berger: sapienti ed efficaci nel porre in successione la graduale e crescente propaganda antisemita che in Germania e in Italia andava tracciando il solco dell'avversione nel cuore della gente. Una sorta di filo rosso dell'odio su un duplice piano narrativo: da un lato l'evoluzione dell'antisemitismo in Europa dall'inizio del '900, dall'altro il ruolo centrale assegnato da fascismo e nazismo ai nascenti mezzi di comunicazione di massa per dare sostegno e giustificazione alle leggi razziali e alla shoah.
"La miglior propaganda è quella che penetra nella vita in maniera pressoché impercettibile", affermò Joseph Goebbels, ministro della propaganda, in un discorso nel 1941. Ed è proprio la sequenza di questa persuasione occulta e capillare, poi via via sempre più manifesta e violenta, a delineare il percorso della mostra. A mostrare come, attraverso la potenza di immagini e slogan, la propaganda preparò il terreno alle misure persecutorie, all'isolamento nei ghetti, alle deportazioni.
Fino allo sterminio nei lager.
Fino allo sterminio nei lager.
D.Bart.
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