lunedì 28 luglio 2025

OBAMA: "A GAZA GLI INNOCENTI NON DEVONO MORIRE DI FAME.”

 



“Sebbene una soluzione duratura alla crisi di Gaza debba comportare il ritorno di tutti gli ostaggi e la cessazione delle operazioni militari israeliane, c’è l'immediata necessità di agire per impedire che persone innocenti debbano morire di fame. Cosa che si potrebbe evitare.” 

Così scrive Barak Obama su X, incassando una lunga serie di consensi, ma anche di critiche, da parte degli americani. 


“Signor Presidente-scrive un lettore- con tutto il rispetto, è straordinario come Netanyahu e i suoi riescano a rintracciare funzionari iraniani a oltre 1.200 chilometri di distanza, senza tuttavia riuscire a localizzare i propri ostaggi a poche miglia da casa. È quasi come se non stessero mai veramente guardando. Dopotutto, per continuare il genocidio, hanno bisogno di una scusa.”


Per Netanyahu, sostiene qualcuno, gli ostaggi non sono una priorità, sono solo un pretesto.





Di fatto, i palestinesi stanno morendo anche a causa dei proiettili e delle bombe forniti a Israele dagli Stati Uniti. Perché l’America che simpatizza per Obama non chiede la cessazione immediata degli aiuti militari statunitensi a Israele; perché non esige il ritiro completo delle truppe dai territori occupati, compresa la Cisgiordania, e la fine del blocco israeliano su Gaza?


La carestia a Gaza non è un disastro naturale. È una catastrofe provocata dall'uomo che si sta svolgendo sotto gli occhi del mondo intero. Le agenzie delle Nazioni Unite segnalano un aumento della malnutrizione mentre i camion dei generi alimentari sono bloccati al confine. Le persone svengono per la fame. Non si tratta più di sicurezza: questa è negligenza volontaria. L'appello di Obama a inviare aiuti non è solo un appello morale, ma strategico. I corridoi umanitari, con consegne monitorate, possono muoversi senza punire i civili. Compassione e sicurezza possono coesistere se chi ha potere trova il coraggio di costringere i responsabili a rispettare anche i più elementari diritti umani. 


Persino alcuni funzionari israeliani riconoscono che si possa evitare un sistematico dirottamento degli aiuti. Passare all’azione, anche imponendola, significa: aprire i valichi, sfamare  la gente e lavorare per un cessate il fuoco che riporti a casa gli ostaggi. Posizioni come quella di Obama non sono debolezza, ma coscienzioso realismo. Ritardare significa tollerare la crudeltà con la scusa del controllo. 

L’ America della gente compassionevole, generosa ed empatica, se ancora esiste, solleciti il Congresso a sostenere gli aiuti umanitari immediati. La storia non farà sconti a chi ha trovato scuse. Ricorderà, invece, chi ha avuto la possibilità di salvare vite umane e non l’ha fatto. 


Definire genocidio quello che sta accadendo a Gaza non è antisemitismo. È responsabilità.

Quando si bloccano i rifornimenti alimentari, si bombardano i forni, si taglia l'acqua e si negano le medicine a una popolazione intrappolata, il mondo ha un nome per questo, e non è "autodifesa". 

È la fame come arma. 

È un crimine di guerra.

E quando è sistemico e mirato, allora rientra nella categoria dei genocidi.

Non si tratta di ebrei. Si tratta di Netanyahu. Un leader politico, non una fede. Un uomo che usa le sofferenze di massa dei civili per nascondere il suo potere, per poi usare le accuse di antisemitismo come arma per mettere a tacere i critici.

Gli ebrei non dovrebbero essere considerati responsabili dei suoi crimini e i palestinesi non meritano questo assedio.


“Sono felice di vedere che finalmente hai smesso di ignorare l'Olocausto a Gaza, ora che sono entrati nella fase della Soluzione Finale del genocidio.

Meglio tardi che mai, ma è assurdo che tu abbia aspettato che entrassero nella fase 5”: è la lapidaria risposta di una ragazza. 


“Ogni presidente degli Stati Uniti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale è responsabile del genocidio a Gaza. Anche tu sei responsabile. Sei stato tu a farlo”, scrive un altro. 


Perché le parole caute e le mezze misure di Obama-secondo molti- hanno lasciato morire di fame innumerevoli innocenti mentre la violenza infuriava. La sua incapacità di prendere una posizione ferma contro l'assedio ha fatto sì che la sofferenza si aggravasse. Leadership significa azioni coraggiose, non dichiarazioni cortesi che giustificano il genocidio per omissione.


Genocidio non è solo una parola. È un avvertimento. E sta accadendo ora.

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