venerdì 30 marzo 2018

Gaza, il fuoco dei cecchini uccide 15 palestinesi. 1.400 i feriti

La prima vita soffocata dai colpi d'artiglieria è stata quella di Omar Samour, un contadino di soli 27 anni. Il giovane si trovava all'interno della Striscia di Gaza, ma secondo i militari israeliani, gia troppo vicino alla barriera di sicurezza. E nel momento di alta tensione ogni passo è un pericolo, una minaccia all'invalicabilità del confine da difendere a tutti i costi. Perciò gli ufficiali di Tel Aviv hanno lanciato l'ordine di fare fuoco.
Poco più tardi la stessa sorte è toccata ad Amin Mahmoud Muammar, 35 anni, quindi ad un altro e ad un altro ancora fino a che il numero dei morti è arrivato a 14. Secondo i medici palestinesi, la vittima più giovane aveva 16 anni.

Nella Striscia di Gaza, dove la pace non può, non riesce a metter radici, Israele spara da ore sui manifestanti palestinesi. E oltre a quella dei morti è cominciata anche la conta dei feriti:1.000 - 1.200 - 1.400. Numeri che salgono di ora in ora.
L'esercito israeliano reprime con durezza e decisione la manifestazione commemorativa organizzata da Hamas durante la Yom al-Ard, la giornata della terra, che ricorda i morti palestinesi del 30 marzo 1976, quando le forze armate giunte da Tel Aviv soffocarono nel sangue la protesta dei coloni contro l'esproprio di terreni agricoli . La manifestazione dovrebbe proseguire fino al 15 maggio,  giorno del Nakba, la dichiarazione d'indipendenza israeliana del 1948. Stessa data che segna la diaspora forzata di migliaia di palestinesi.

Nei giorni scorsi il Governo di Tel Aviv aveva diramato l'avvertimento: "non esiteremo a dare ordine di sparare ai cecchini qualora i manifestanti dimostrassero  l'intenzione di superare le  recinzioni per fare il loro ingresso nei territori occupati da colonie israeliane".

Ed è ciò che sarebbe accaduto, almeno secondo le forze armate israeliane che stanno reprimendo senza pietà i tentativi di rivolta dei palestinesi. I quali, in ogni caso, restano imprigionati all'interno di un'area – la Striscia di Gaza – isolata dalle colonie da alti muri e reticolati di filo spinato.
Gli ufficiali israeliani replicano: "I palestinesi fanno rotolare pneumatici incendiati e lanciano pietre verso la barriera di sicurezza, i soldati israeliani ricorrono a mezzi antisommossa e sparano in direzione dei principali responsabili e hanno imposto una zona militare chiusa attorno alla Striscia di Gaza, una zona dove ogni attività necessita di autorizzazione".

LA FURIA DI HAMAS.

La reazione di Hamas non si è  fatta attendere.
"Non cederemo nemmeno un pezzo della terra di Palestina e non riconosceremo l’entità israeliana. Promettiamo a Trump e a tutti quelli che sostengono il suo complotto che non rinunceremo a Gerusalemme e che non c’è soluzione se non il diritto al ritorno”.
Il capo politico Hamas, Ismail Haniyeh, aggiunge:" date il
benvenuto ovunque al popolo palestinese che ha sconfitto la scommessa dei leader nemici secondo cui i vecchi sarebbero morti e i giovani avrebbero dimenticato. Ecco i giovani, i nonni e i nipoti. Non rinunceremo a Gerusalemme".

D.Bart.

sabato 17 marzo 2018

SIRIA. MIGLIAIA DI CIVILI IN FUGA DAI BOMBARDAMENTI. ESODO DA AFRIN E GHOUTA.


  

Colonne di civili, intere famiglie che portano con sé i vecchi, i malati e i lattanti da accudire. Fuggono in fretta e furia,con sacchi di fortuna e valige dove hanno stipato un po' di cibo e indispensabili vettovaglie. Sono decine di migliaia: in parte, lasciano la Ghouta orientale, in parte  Afrin, a nord della Siria.
16mila coloro che, secondo l'ONU, sono partiti da Ghouta, l’unica area vicina a Damasco ancora sotto il controllo dei ribelli siriani e che per questo, da settimane, patisce l'intenso attacco delle forze governative del presidente Bashar al Assad e dei suoi alleati.
50mila, invece, i civili che hanno lasciato Afrin, città del nord della Siria controllata dai curdi e obiettivo dell’ultima campagna militare turca, iniziata due mesi fa.
Qui la situazione si è  aggravata negli ultimi giorni, quando la Turchia ha annunciato di avere circondato la città, proprio mentre migliaia di persone erano ancora in fila per uscire dall’unica via di fuga rimasta aperta e nell'imminenza di un probabile bombardamento.
I curdi hanno lanciato un ultimo SOS venerdì, quando  l’unico ospedale operativo di Afrin è stato colpito dalle bombe sganciate dagli aerei turchi. Sotto questi  bombardamenti sono morte 43 persone, inclusi i bambini.
Ma la Turchia non arretra di un passo: vuole prendere Afrin e indebolire cosi  i curdi siriani, che il presidente  Recep Tayyp Erdogan sospetta essere molto vicini ai terroristi del PKK.
E se Afrin dovesse cadere nella mani di Ankara, migliaia di curdi attualmente in fuga non potrebbero più tornare  alle proprie case, alle proprie vite.
La strategia di Erdogan prevede infatti la creazione di “zona cuscinetto”, che vada oltre il confine meridionale turco con la Siria. Una lingua di terra individuata proprio in Afrin, attualmente controllata dai curdi.

A Ghouta orientale, invece, si teme un massacro. La situazione è gravissima, da settimane ormai.
L'offensiva militare del regime di Assad ha già ucciso 1.250 civili, su una popolazione stimata di 400mila persone. Gli attacchi sono continuati quasi incessantemente, nonostante la tregua di un mese approvata dall’ONU e tregue più limitate, di poche ore al giorno, promosse dalla Russia. Dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, sappiamo che soltanto nella giornata di venerdì 46 civili, tra cui 6 bambini, sono morti sotto i bombardamenti  dell'esercito di Assad e dei suoi alleati.
Una guerra fratricida nella quale, per paradosso, è lo stesso governo siriano a portare "in salvo" i civili impauriti, attraverso i cosiddetti corridoi umanitari. Soltanto venerdì erano circa 4000 le persone in fuga. Mai così tante, in poche ore. 
D.Bart

domenica 11 marzo 2018

Bombe e massacri di civili. Continua, implacabile, l'offensiva dell' esercito turco su Afrin.

Ad Afrin, la situazione si fa di ora in ora più dura e drammatica. L' esercito turco, entrato da giorni in territorio siriano, continua a uccidere senza discrimine combattenti e civili. Le bombe hanno distrutto case, scuole, mercati e acquedotti. La città ha quasi terminato le riserve d'acqua dopo che i turchi, preso possesso della diga di Meidanki, hanno tagliato la fornitura e bombardato le stazioni di pompaggio. Viveri e medicinali non sono sufficienti a soddisfare le richieste dal momento che in città ha cercato rifugio anche la gente dei villaggi, già caduti sotto controllo dell'esercito turco e delle milizie jihadiste.
Il sentore di un imminente massacro aleggia su tutto il territorio di guerra, tanto che Asya Abdullah, del Movimento per una società democratica (Tev-Dem), ha invitato tutti i curdi alla sollevazione. La sirena d'allarme è  suonata in queste ultime ore, dopo che l’esercito turco e le formazioni  jihadiste
alleate si sono avvicinate a 2 chilometri dal centro di Afrin.
La città è stata presa d'assedio su diversi lati, in particolare dalla direzione di Shera: una distanza che pone  direttamente sotto minaccia il centro di Afrin. L' alta densità della popolazione, costituita dai residenti e dai tanti rifugiati, soffre la mancanza di acqua e non solo. Mancano anche generi di prima necessità, mentre  bombardamenti di artiglieria e di aerei continuano a colpire zone periferiche della città.
Il Tev Dem ha chiamato a una mobilitazione generale, a una sollevazione in tutti i posti e le piazze del mondo per difendere Afrin. Sotto accusa c'è il "progetto di pulizia etnica" che Erdogan e  jihadisti vorrebbero attuare sulla popolazione di Afrin.
Da più parti viene invocata la costituzione di una no fly zone che fermi i bombardamenti aerei, gli stessi che continuano ad alimentare il già  elevatissimo numero di vittime civili.  Azioni di protesta sono già in atto in molte città europee, ed anche in Bashur.
La gente di Afrin chiede alla comunità internazionale di rompere il silenzio, chiede di sostenere la popolazione, invoca una proposta di pace per la Siria.
È ora che abbia fine questo massacro, passato fino ad oggi sotto silenzio, o quasi.
D.Bart.

Un bambino spaventato nelle strade distrutte di Afrin

venerdì 2 marzo 2018

ZUCCHERO E TUMORI. UNO STUDIO RIVELA L'EFFETTO DISASTROSO CHE SVEGLIA LE CELLULE CANCEROGENE.


Un team di ricercatori europei ha scoperto una relazione disturbante tra il consumo di zucchero e l'iperattività delle cellule tumorali. Dopo nove anni di studi, gli scienziati belgi hanno dimostrato come l' effetto di Walburg , un fenomeno in cui le cellule tumorali abbattono gli zuccheri molto rapidamente, può stimolare lo sviluppo e la crescita dei tumori.

Secondo il rapporto, i tumori trasformano maggiori quantità di zucchero in lattato rispetto ai tessuti sani. Questo effetto è stato ampiamente studiato e persino utilizzato per l' individuazione di tumori cerebrali .

Lo studio , iniziato nel 2008 sotto la guida del professor Johan Thevelein, ha dimostrato come l'assorbimento iperattivo di zucchero da parte delle cellule tumorali porti ad un circolo vizioso di continua stimolazione dello sviluppo e della crescita del cancro, il che spiegherebbe la correlazione tra l'intensità dell'effetto Warburg e l'aggressività del tumore.

Per arrivare alla scoperta, gli esperti hanno analizzato le cosiddette "proteine ​​Ras", che si trovano comunemente nelle cellule tumorali e possono sviluppare forme mutate di cancro . Usando il lievito come riferimento, il team ha osservato il legame tra l'attività di Ras e il metabolismo dello zucchero, altamente attivo nel lievito.

Secondo il professore, la ricerca offre una base per studi futuri in questo ambito, che potrebbero guidare il cambiamento della dieta nelle persone che soffrono o sono inclini allo sviluppo di diversi tipi di tumori.