martedì 15 marzo 2016

Libia: un malloppo di 130 miliardi di dollari da spartire tra chi si finge nemico del Califfato


Quando nel corso di qualche incontro al vertice gli sguardi dei Capi di Stato s'incrociano, io penso male. Mi figuro sempre un' orgetta ammiccante; che in questo periodo, ad esempio, scorgo nel balenio di una precisa determinazione: sparare sulla Libia è assolutamente necessario.
La ragione spacciata, la più ovvia è quella di voler sconfiggere, incenerire il Califfato. In realtà, tutte le strategie belligeranti puntano ad interessi economici e geopolitici. La guerra di Libia, scoppiata nel 2011 per mano e volontà di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, con la fine di Gheddafi si è trasformata in un conflitto interno tra le tribù, le milizie e le fazioni l’Islam. Così le bombe, anzichè portare democrazia, hanno distrutto, annientato uno Stato che l'Onu poneva al primo posto, in Africa, nell'indice dello sviluppo umano.   
Questa guerra, perciò, è solo uno schifoso regolamento di conti, la spartizione del capitale tra i Paesi Occidentali interessati, e i due poli libici principali, in concorrenza per l’export di petrolio.



Tripoli - Tobruk. Qui si concentra una delle più importanti risorse dell’Africa: il 38% del petrolio del continente, a fronte  dell’11% dei consumi europei. 
Si tratta di un greggio di qualità, poco costoso, una manna per le compagnie in tempi difficili come questi. E al momento, ad estrarre i barili e il gas della Tripolitania è soltanto l'italianissima Eni. La cui posizione, faticosamente conquistata mediando tra fazioni e mercenari, non piace agli alleati i quali hanno deciso di porvi fine e, paradosso dei paradossi, pure con il nostro contributo militare.
Così l’ambasciatore Usa, John Phillips, sfacciatamente ci chiede  5mila uomini, addolcendo lo schiaffo  con la proposta di un comando militare affidato all'Italia. 
La Libia equivale, nell'immediato, ad un malloppo pari a 130 miliardi di dollari; tre o quattro volte tanto se un nuovo Stato libico tornasse a esportare come ai tempi di Gheddafi. 
Sono stime che sommano la produzione di petrolio con le riserve della Banca centrale e del Fondo sovrano libico che sta a Londra dove ha studiato per anni  Seif Islam, il figlio di Gheddafi, attualmente in prigione. 

Anche i russi, estromessi nel 2011 perché contrari ai bombardamenti, avranno certo da dire la loro. Lo faranno, probabilmente, attraverso l’Egitto di Al Sisi al quale vendono armi insieme alla Francia. Al Sisi considera la Cirenaica una storica provincia egiziana.Insomma, ce n'è per tutti i palati.
La ricchezza delle risorse libiche, in base all'unico piano esistente, deve tornare sui mercati. Ovviamente supportato da un sistema di sicurezza regionale che, ignorando Tunisia e Algeria, farà della Francia il guardiano del Sahel nel Fezzan, dell’Italia il guardiano della Tripolitania, della Gran Bretagna il guardiano della Cirenaica (Egitto permettendo). Il tutto, strategicamente supervisionato dagli americani.


Il piano, va da sé, non piacerà ai libici i quali, dopo aver fatto la guerra a Gheddafi ed essersi trucidati tra loro proprio per spartirsi le ricchezze energetiche, si ritroveranno più divisi e frammentati di prima. 
Ora, il Califfato non è uno scherzo da poco, ma gli sforzi per abbatterlo rappresentano solo un aspetto del conflitto. Analizzando bene fatti e sequenze, infatti, è evidente che l’Isis sia riuscito ad inserirsi ed espandersi proprio quando divampava la guerra per il petrolio. In un precedente mio intervento sulla questione libica raccontavo degli interessi occidentali, con il presidente francese Nicolas Sarkozy che attaccò Gheddafi senza nemmeno avvertire l'Italia con una semplice telefonata. 

Oggi sappiamo che in una mail inviata a Hillary Clinton e datata 2 aprile 2011, il funzionario Sidney Blumenthal rivela che Gheddafi intendeva sostituire il Franco Cfa, utilizzato in 14 ex colonie, con una nuova moneta african.  Lo scopo era rendere l’Africa francese indipendente da Parigi dove le ex colonie depositano  il 65% delle proprie riserve. Sporchi, concreti interessi: ecco che cosa indusse la Francia a bombardare la Libia.

D.Bart.

6 commenti:

  1. c'è altro da aggiungere? Direi proprio di no, anche perchè la storia si ripete. Quello che non va e che dovremmo assolutamente comprendere, sono i motivi per i quali orzo bimbo renzi, si sia messo a 90 gradi con i francesi lasciandogli fare tutto quello che vogliono e non solo. Per quanto riguarda l'America, l ho già detto in altro commento e quindi, se la hillary prenderà il potere, non so davvero dove andremo a finire considerato che contro gaddafi l'artefice principale di tutto è proprio lei......vade retro...Questa e quell altro francese sarkozi sono assetati di sangue...... ciao Donatella....complimenti per il tuo corso e ricorso libico....:)

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    1. Ciao Anonimo, e grazie! Il problema è che l'alternativa ad Hillary è Trump. A te, forse, piace (spero di no)... ma ho già scritto anche su questo. Il mio pensiero lo conosci, anche se mi sono tenuta leggera, leggera.....

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    2. diciamo che Trump non ostante tutta la sua ricchezza, credo che sia il meno peggio e se quello che dice corrisponde anche in parte alle sue intenzioni ben venga. Conosco il tuo pensiero come il mio che non si discosta molto e come te anchio ci vado sempre leggero ma non per pavidità. Solo buon senso....Grazie a Te Donatella......Nic Salvatori.....

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    3. Nic, a me Trump piace proprio niente niente.... ma per il momento non ti tolgo il saluto...vediamo che succede. :::)))) Ciao!

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  2. eugenia (formertime.wordpress.com)17 marzo 2016 alle ore 12:51

    il punto sta nel 10 e 11° rigo di questo articolo.Uno stato libico non c'è più o meglio fu creato ad arte per interessi colonialisti, poi fatto implodere sempre per stessi motivi (oggi diciamo economici) e adesso? Si parla di 130 tribù, Is escluso ovviamente. Ora la domanda dovrebbe essere:non come uscirne ma come non entrarvi?

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    1. Eugenia, hai ragione, ma solo in parte. In Libia esistono anche i comuni retti dai sindaci, che legittime elezioni avrebbero portato ai governi locali. Per quanto sono riuscita a capire si tratta di persone indipendenti, non legate alla criminalità e con le quali Bruxelles starebbe tentando - finalmente - di collaborare . Vedremo!

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