martedì 14 ottobre 2025

TRUMP: IL PERDONO PER I CRIMINI DI GUERRA TRA SIGARI E CHAMPAGNE






Quale pace? Trump firma un accordo, Netanyahu annuisce e all'improvviso droni, posti di blocco e insediamenti israeliani svaniscono nel nulla? Occorre assecondare questa farsa solo perché lusinga una certa visione politica?


Dov'è la soluzione dei due stati che i palestinesi hanno reclamato a gran voce, l'unico consenso internazionale riconosciuto come il minimo indispensabile per la giustizia? Il tanto decantato "piano" di cessate il fuoco di Trump accumula promesse e procedure, ma non offre ai palestinesi né confini riconosciuti né autodeterminazione, solo un vago "percorso" condizionale che si basa su altri anni di umiliazione e supervisione, il tutto mentre Israele espande apertamente gli insediamenti e afferma che non permetterà mai la nascita di un vero stato palestinese.


Si chiama questa "libertà" mentre Netanyahu, l'artefice di innumerevoli massacri e sfollamenti, rimane impunito, pavoneggiandosi sui palcoscenici mondiali,  mentre i corpi dei suoi ultimi massacri vengono ancora riesumati. Le istituzioni legali mondiali hanno ritenuto Israele e Netanyahu responsabili di crimini di guerra e persino di genocidio, eppure  il cosiddetto "Presidente della Pace" non chiede un tribunale, non esegue un singolo mandato d'arresto contro i maggiori responsabili della carneficina.

Abbiamo visto in diretta un Trump che si intromette nel sistema giudiziario di un altro Paese come se fosse uno dei suoi hotel in bancarotta. 

Per lui conta di più un  “perdono” per i crimini di guerra, tra sigari e champagne.

La diplomazia in sintesi: prima i criminali, poi l'umanità.

Questa non è diplomazia, è l'élite che si dà pacche sulle spalle a vicenda, mentre la gente comune ne paga il prezzo.


Dov'è l'effettiva restituzione delle terre rubate sia a Gaza che in Cisgiordania, mentre bulldozer e coloni israeliani inghiottono interi villaggi palestinesi con impunità burocratica e marziale? La registrazione israeliana delle terre non sta regredendo, ma avanzando, legalizzando l'annessione e privando le autorità palestinesi dei diritti amministrativi. 


I coloni che hanno sparato, molestato e espropriato restano impuniti, alcuni sono stati ripresi in un video solo poche settimane fa mentre rubavano case e terreni agricoli: ora sono in prigione o stanno semplicemente incassando i loro profitti?


Dov'è la giustizia per le centinaia di innocenti assassinati dai cecchini mentre cercavano pane o fuggivano dai bombardamenti di quegli F-16 finanziati dagli americani? Le macerie di Gaza non sono una metafora: sono cemento, polvere e le ossa di intere famiglie lasciate insepolte perché i "liberatori" le hanno ritenute sacrificabili. Chi risponderà di questo? Dov'è, in questa "pace", anche la più elementare giustizia per questi crimini di guerra mascherati da operazioni di sicurezza?


Anche adesso, sotto la sottile patina del cessate il fuoco, gli abitanti di Gaza fanno la fila per l'acqua, muoiono per mancanza di medicine e sono sorvegliati da volti stranieri. La Cisgiordania rimane una scacchiera per l'espansione israeliana e la violenza dei coloni, mentre i cosiddetti "leader" dichiarano che non ci sarà mai uno Stato palestinese.


Sommergendo di slogan l’opinione pubblica, si cerca anche di denigrare o prendere in giro chi chiede dignità per i palestinesi

Non si risponde, invece, a queste domande essenziali.  L’applauso alla "pace" è un assenso all’incertezza, magari, alla menzogna .

Ma il mondo non si lascia ingannare da strette di mano artificiose o comunicati stampa affettati. La giustizia non è un esercizio di branding e la liberazione non arriva attraverso la propaganda.


Ogni città, da Sydney a Parigi, ogni strada dal Cairo a New York, è ancora piena di persone perbene, persone che vedono oltre le bugie e non sono disposte a lasciare che i fantasmi di Gaza e della Cisgiordania vengano dimenticati.


Gli attivisti, la parte migliore dell'umanità, non se ne sono andati. 

La parte perbene dell'umanità, continuerà a riversare energie nelle strade, nelle città e nei paesi, chiedendo giustizia per i palestinesi e insistendo per un nuovo processo di Norimberga per Netanyahu e il suo governo.


La perbene del mondo, non accetterà di essere messa a tacere, né ora né mai.


Le voci degli attivisti risuoneranno più forti e più a lungo, invocando vera giustizia, vera libertà, finché l'ultimo muro della prigione non cadrà e l'ultima ferita non sarà guarita.

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