A partire da domenica notte, almeno 15.000 rifugiati Rohingya sono entrati in Bangladesh passando il confine a Anjuman Para nel distretto di Ukhia nel sud est del Paese.
Molti avevano deciso di restare in Myanmar, nel nord dello Stato di Rakhine, nonostante le continue minacce di morte ricevute, ma quando i villaggi sono stati inciendiati non è rimasta altra loro altra scelta se non quella di fuggire.
I rifugiati, con i quali i membri dello staff di UNHCR hanno parlato ieri, raccontano di aver camminato per una settimana intera prima di raggiungere il confine con il Bangladesh, alcuni lo hanno attraversato domenica notte, altri lungo tutta la giornata di lunedì tra il caldo e le piogge.
Attualmente sono accampati nelle le risaie del villaggio di Anjuman Para. Attendono il permesso per allontanarsi dal confine, da dove ogni notte è possibile sentire gli spari dal versante del Myanmar.
I volontari stanno distribuendo cibo e acqua alle donne e ai bambini, fortemente disidratati e affamati dopo un lungo cammino. Lo staff dell’UNHCR sta lavorando con Medici Senza Frontiere per identificare le persone malate e che hanno bisogno di assistenza medica.
Pressioni d' urgenza vengono inoltrate da ore alle autorità del Bangladesh affinché consentano l’ingresso a queste persone che fuggono dalle violenze e dalla difficile situazione nel loro Paese d’origine. Ed ogni minuto conta per chi è già in condizioni disperate.
Per far fronte a questo nuovo afflusso di richiedenti, l’UNHCR sta lavorando con il governo e altri partner all'installazione di un nuovo centro di transito dentro l’insediamento di Kutupalong; l'area potrebbe ospitare 1.250 persone. Sono in corso anche i preparativi per accogliere i nuovi arrivati nelle scuole di Kutupalong.
A partire dallo scorso 25 agosto sono circa 582.000 i rifugiati arrivati in Bangladesh dal nord dello Stato di Rakhine in Myanmar Tutti in fuga per sottrarsi alla nuova ondata di violenze in atto.
I Rohingya costituiscono la minoranza etnica musulmana che vive nello stato occidentale del Rakhine,
L' esercito della Birmania è accusato di pulizia etnica ai danni della minoranza musulmana, mentre il governo birmano incolpa i militanti Rohingya.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito un "genocidio" le violenze perpetrate contro i Rohingya. "Coloro i quali chiudono gli occhi su questo genocidio perpetrato sotto la copertura di una democrazia ne sono collaboratori", ha detto Erdogan.
I Rohingya sono ormai considerati una delle minoranze più perseguitate al mondo: musulmani in una Birmania a maggioranza buddhista. Sono poco meno di un milione su una popolazione totale di 50. La maggior parte di loro vive nello stato di Rakhine - in passato si chiamava Arakan, da cui il nome del loro movimento - e sono in Birmania da generazioni anche se originari del vicino Bangladesh. Nel 1982 la giunta militare li ha privati della cittadinanza per essere arrivati dopo il 1823, inizio della colonizzazione britannica. I Rohingya sostengono invece si essere discendenti dei mercanti musulmani che secoli prima entravano in Birmania per motivi commerciali. Ancora oggi senza cittadinanza i Rohingya non hanno diritto di voto, hanno grossi limiti nell'accesso all'istruzione, alla sanità, alla proprietà.
Ricevono spesso solo un'istruzione religiosa che li rende particolarmente esposti ai pericoli del fondamentalismo e del radicalismo.
La situzione è ulteriormente degenerata nel 2012: da quel momento si calcola che almeno 160 mila Rohingya abbiano abbandonato la Birmania. Principalmente verso il Bangladesh, ma anche verso la Malesia, la Thailandia e l’Indonesia.
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