venerdì 26 dicembre 2025

L’ESPANSIONE DI ISRAELE IN CISGIORDANIA: RIVENDICAZIONI GIURIDICAMENTE INFONDATE.

 




La decisione del governo israeliano di istituire 19 nuovi insediamenti di coloni in Giudea e Samaria, è stata criticata da quattordici Paesi«Noi, Stati di Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Islanda, Irlanda, Giappone, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna e Regno Unito, condanniamo l’approvazione da parte del gabinetto di sicurezza israeliano di 19 nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata». 


Israele respinge fermamente la stroncatura sostenendo che i governi stranieri non possono limitare il diritto degli ebrei a vivere nella Terra Santa e che qualsiasi richiesta del genere è moralmente sbagliata e discriminatoria nei loro confronti. Il nuovo assetto, inoltre, aiuterebbe Israele ad affrontare le minacce alla sua sicurezza .

Tutti gli insediamenti-sostengono gli israeliani- «si trovano nell'Area C e sono situati su terreni statali. Israele agisce in conformità con il diritto internazionale. L'incorporazione della Dichiarazione Balfour del 1917 nel Mandato fu concordata esplicitamente alla Conferenza di Sanremo del 1920. Secondo il Mandato, il diritto del popolo ebraico a stabilire la propria patria nazionale si estende all'intero territorio della "Palestina Mandataria". Questi diritti furono preservati dall'articolo 80 della Carta delle Nazioni Unite. Nella dichiarazione sopra menzionata, è estremamente sorprendente il palese silenzio degli stati stranieri in merito alle costruzioni illegali dell'Autorità Nazionale Palestinese nell'Area C.”


Questa affermazione falsifica la realtà, tenta di legittimare l'espansione degli insediamenti attraverso una storia selettiva e rivendicazioni giuridicamente infondate, in aperta contraddizione con le risoluzioni vincolanti delle Nazioni Unite e con i principi consolidati del diritto internazionale.


Il trasferimento della popolazione civile di una potenza occupante in un territorio occupato è esplicitamente vietato dall'articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra, di cui Israele è parte. Tale Divieto, peraltro, ripetutamente ribadito dalle Nazioni Unite.


Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nella risoluzione 446 (1979), ha stabilito che gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati, compresa la Cisgiordania, non hanno validità legale e costituiscono un grave ostacolo alla pace.

Questa posizione è stata ribadita nella risoluzione 465 (1980), che invita Israele a smantellare gli insediamenti esistenti e a cessare completamente le attività di insediamento.

In modo più inequivocabile, la risoluzione 2334 (2016) ha ribadito che gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale e ha chiesto l'immediata cessazione di tutte le attività di insediamento.

Le affermazioni secondo cui questi insediamenti sarebbero legittimi perché situati nell'"Area C" o su cosiddetti "territori statali" sono giuridicamente irrilevanti. Lo status di occupazione si applica all'intera Cisgiordania, indipendentemente dalle divisioni amministrative interne create da accordi provvisori. È stato anche confermato dalla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) nel suo Parere Consultivo del 2004 sulle conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nei Territori Palestinesi Occupati: la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, rimane territorio occupato e gli insediamenti violano il diritto internazionale.

Invocare la Dichiarazione Balfour, il Mandato della Società delle Nazioni o l'articolo 80 della Carta delle Nazioni Unite non prevale sull'ordinamento giuridico internazionale post-1945, né annulla il diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione, un diritto ripetutamente affermato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, anche nella risoluzione 3236 (1974).


Paragonare le critiche all'espansione degli insediamenti alla discriminazione contro gli ebrei è un deliberato travisamento. L'obiezione sollevata dalla comunità internazionale riguarda le politiche statali che violano il diritto internazionale, non i diritti o la sicurezza del popolo ebraico. Strumentalizzare l'antisemitismo per mascherare comportamenti illeciti mina gli sforzi reali, giusti per combattere l'odio e il razzismo.


Infine, il silenzio della dichiarazione in merito alle conseguenze umanitarie dell'occupazione, tra cui punizioni collettive, ingenti perdite di civili e uccisioni di bambini, è in netto contrasto con gli obblighi di Israele ai sensi del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani, come hanno più volte sottolineato 

gli organismi delle Nazioni Unite.


Il diritto internazionale non è facoltativo, né soggetto a interpretazioni selettive. Una pace giusta e duratura non può essere costruita sull'occupazione permanente, sull'espansione degli insediamenti e sull'impunità, ma solo sul rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite, sulla responsabilità per le violazioni e sul riconoscimento dei diritti fondamentali del popolo palestinese.

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