martedì 9 aprile 2019

GUEARRA IN LIBIA: ''NON CONDIVIDONO IL CIBO PERCHE' SIAMO CRISTIANI''

Nei centri di detenzione libici sono trattenute attualmente circa 5,700 persone. Sono uomini, donne e bambini la cui esistenza è, al momento, scandita da poche regole, sia pur malfamate. Se con il cambiamento della situazione politica anche queste dovessero crollare una nuova  emergenza andrebbe ad aggiungersi al caos generale. 

Nell'immagine centro di detenzione libico a Zintan, a 160 km da Tripoli (fonte OPEN)

Le violenze inflitte alla popolazione civile durante gli scontri armati non hanno freni, vengono perpetrate da tutte le parti in conflitto, senza distinzione alcuna. Perché in guerra non esistono buoni e cattivi, si combatte per uccidere. Ma per il momento non c’è una missione umanitaria pronta a correre in soccorso della Libia.  Dai messaggi che filtrano si capisce che i detenuti sono al corrente della situazione

Gira voce che in alcuni centri di detenzione - come a Qaser bin Ghasir e Gharyan - i migranti si trovino bloccati senza viveri e senza elettricità. L’unico piano di evacuazione fino ad ora eseguito ha riguardato i dipendenti dell’Eni e dell’ambasciata italiana. Ma nessuna  missione umanitaria è  stata organizzata per il soccorso in Libia.

Il conflitto
Il conflitto vede contrapposti il Governo di accordo nazionale di Fayez al-Sarraj a Tripoli, (appoggiato delle Nazioni Unite, compresa l’Italia,  i cui interessi economici sono prevalentemente concentrati nella zona nord-occidentale del Paese), e le forze del Generale Khalifa Haftar, (appoggiate dagli Emirati Arabi Uniti), che controlla la Cirenaica con le città di Bengasi e Tobruk.
La tregua umanitaria chiesta dall’Onu non viene minimamente rispettata. Si cominciano a contare i morti, una cinquantina per ora, da una parte e dall’altra. Il conflitto è arrivato fino alla periferia di Tripoli con il bombardamento dell’aeroporto. 


In città le scuole sono chiuse, la gente s’ammassa nei supermercati per fare scorte di cibo, alcuni hanno già abbandonato le proprie abitazioni in cerca di luoghi ritenuti più sicuri.
Attacchi missilistici da parte delle forze di Haftar.-milizie dell’autoproclamato Liyan national army (Lna)- hanno  colpito la città di Grad da Garian,  a circa 80 chilometri da Tripoli. 

I lager libici
I centri di detenzione in Libia sono 26. È li che la guardia costiera libica, finanziata anche con il contributo dell’Ue, rinchiude tutti i migranti che tentano di lasciare l’Africa via mare. Chiunque manifesti, anche pacificamente, viene sottoposto a violenze e torture di vario genere, come si è potuto documentare  nel centro di Triq al Sikka a Tripoli.


Centro di detenzione libico a Zintan, a 160 km da Tripoli (fonte OPEN)


Oppressi, torturati, ammassati in spazi ristretti e senza servizi igienici: è questo il destino dei migranti meno fortunati che non sono riusciti a superare la barriera dei guardiani del mare. Dalla capitale libica sotto assedio  arrivano ad Open messaggi come questi: “Siamo circa 130 profughi e viviamo in un hangar. Alcuni di noi hanno passato più di due anni nei centri di detenzione. Fa molto freddo e il cibo scarseggia. I libici non vogliono condividerlo con noi perché siamo cristiani".

“Abbiamo paura. Non possiamo scappare e anche se cerchiamo di farlo rischiamo di essere rapiti, per cui preferiamo stare in questa prigione disgustosa. È un momento terribile. La guerra ci fa paura. Sentiamo le bombe cadere».
Questo è il messaggio di un ragazzo eritreo. Uno dei tanti già segregati in condizioni pietose, che stanno vivendo una situazione ancor più devastante.

D.Bart.

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