martedì 22 novembre 2016

YEMEN. LE BOMBE CHE NON FANNO NOTIZIA

Nei giorni scorsi ho parlato dell'immane tragedia di Aleppo Est, tuttora sotto il controllo di ribelli e jihadisti,  e dove da mesi più acuto è lo scontro tra le forze leali a Bashar al-Assad e i miliziani. Qui i  bombardamenti colpiscono senza pietà anche gli ospedali mentre la denuncia di questi misfatti risuona puntualmente e giustamente in tutto il mondo, attraverso giornali e televisioni.

Poi c'è il massacro quotidiano e dimenticato, quello delle bombe assassine che non fanno notizia. C'è l' ignorato Yemen, martoriato dalla guerra condotta dalla coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita con l’assistenza logistica e di intelligence degli Stati Uniti. In questo caso gli appelli, per quanto accorati, vengono costantemente ignorati e non hanno alcuna risonanza sull'informazione.

Ecco che cosa ha raccontato Djoen Besselink, capo della missione di Medici senza Frontiere nello Yemen: “Da maggio 2015 MSF ha curato più di 10.000 feriti di guerra solamente nella città di Taiz. A ottobre, gli ospedali supportati da MSF a Taiz hanno ricevuto circa 500 pazienti con ferite dovute alla violenza, di cui il 23% erano donne e bambini. Molti dei feriti… erano a casa, al mercato o in cammino verso i loro campi quando sono stati colpiti da incursioni aeree, bombardamenti e spari da arma da fuoco”. Il 17 novembre, primo di due giorni di cessate il fuoco, i Medici senza Frontiere hanno dovuto ricoverare 76 feriti e seppellire 21 morti nella sola città di Taiz. L'Occidente non ne ha avuto notizia.
Così come non ha saputo che l’Arabia Saudita ha violato 114 volte il cessate il fuoco di due soli giorni, che peraltro era stato richiesto dall’ex presidente dello Yemen, Habd Rabbuh Mansur Hadi, e gentilmente concesso da re Salman dell’Arabia Saudita.
Dall’inizio della campagna saudita (marzo 2015), quasi 12 mila civili yemeniti sono stati uccisi. Gli sfollati sono più di 3 milioni (su 27 milioni di abitanti), metà della popolazione vive di aiuti umanitari e solo 1 bambino su 10 arriva all’età di cinque anni.
Eppure nessuno piange per lo Yemen, dove ad ammazzare adulti non combattenti e bambini sono i nostri alleati e clienti, quelli ai quali Usa, Francia e in parte anche l’Italia forniscono le armi. È qui che l'interesse economico fissa il punto di non ritorno verso sentimenti di pietà e compassione.
D.Bart.
Fonte: Gli Occhi Della Guerra

sabato 19 novembre 2016

Aleppo Est: Attacchi multipli su civili e ospedali nelle ultime 48 ore


L’unico ospedale specializzato in pediatria ad Aleppo Est è stato colpito per la seconda volta dalla ripresa dei bombardamenti aerei sull’area. Questo nuovo attacco ha distrutto tre piani della struttura, che ora non può più lavorare. Altri tre ospedali sono stati attaccati direttamente, ci sono feriti tra staff e pazienti, e così due importanti ospedali chirurgici e il più grande ospedale generale non sono più in funzione.

“È una giornata nera per Aleppo Est. La gravità dei bombardamenti ha causato enormi danni sui pochi ospedali che lavorano giorno e notte per fornire assistenza medica” ha detto Teresa Sancristoval, coordinatore dell’emergenza per  Médecins Sans Frontières
“Gli attacchi hanno distrutto interi ospedali, generatori elettrici, pronto soccorso e reparti, costringendoli a interrompere tutte le attività mediche. Non è solo MSF a condannare gli attacchi indiscriminati contro i civili o le infrastrutture civili come gli ospedali, li condanna il diritto umanitario. Il messaggio è semplice e non so come dirlo più forte: smettete di bombardare gli ospedali.”

“L’ospedale dei bambini è stato danneggiato per la seconda volta a causa degli attacchi aerei” dice Luis Montial, vice capo missione di MSF per la Siria. “È l’unico ospedale completamente dedicato ai bambini nell’area assediata e ora è fuori uso. Le conseguenze dei bombardamenti indiscriminati sono molto chiare: più vite perse, servizi sanitari devastati e sofferenza insormontabile per le persone intrappolate dall’assedio. Quello che non è chiaro è quanto ancora il sistema sanitario, già in ginocchio, potrà continuare a funzionare se i bombardamenti non smetteranno e se le forniture mediche non potranno entrare nell’area.”

Gli ospedali di Aleppo Est sono stati colpiti dalle bombe in più di 30 diversi attacchi dall’inizio dell’assedio a luglio. Tutti gli ospedali dell’area sono supportati da MSF, tra le altre organizzazioni.

MSF supporta otto ospedali di Aleppo Est con forniture mediche dal 2014. MSF gestisce anche sei strutture mediche nel nord della Siria e supporta più di 150 ospedali e centri sanitari in tutto il paese, di cui molti in aree assediate. Nonostante i nostri sforzi, ci sono molte aree – tra cui Aleppo Ovest – in cui al momento siamo impossibilitati a lavorare, ma continuiamo a spingere per fornire aiuti medici e umanitari in queste aree.

Iraq: Mosul, si combatte contro la forte resistenza Isis

BAGHDAD, 19 NOV - Le truppe irachene continuano ad avanzare verso Mosul sul fronte orientale, ma stanno incontrando una forte resistenza da parte dei militanti dello Stato Islamico. Lo ha detto il generale Sami al Aridi dell'esercito di Baghdad. Le forze speciali irachene si trovano questa mattina nella zona di Muharabeen e Ulama dopo aver liberato completamente ieri l'adiacente sobborgo di Tahrir. L'Isis, ha detto il generale, sta utilizzando cecchini, rpg e colpi di mortaio contro le truppe irachene e sul posto sono visibili alte colonne di fumo. L'offensiva per riprendere il controllo di Mosul è stata lanciata il 17 ottobre. Il fronte orientale è particolarmente importante per tagliare ai miliziani dell'Isis la via di fuga verso Raqqa, in Siria, l'altra roccaforte dello Stato Islamico.

mercoledì 16 novembre 2016

SIRIA. PUTIN TORNA A COLPIRE LA GIÀ MARTORIATA ALEPPO

Da due giorni la Russia è tornata a colpire pesantemente sulla Siria. L’offensiva, che era attesa da settimane dopo una tregua umanitaria che aveva come fine permettere (l’improbabile) fuga dei ribelli assediati, ha avuto di nuovo Aleppo come bersaglio.

La situazione nella seconda città siriana è tuttora in stallo, con i ribelli che stanno cercando di rompere le linee di assedio e i governativi che senza il supporto russo non sembrano in grado di tenere. Gli attacchi sono arrivati dodici ore dopo della telefonata con cui il presidente russo Vladimir Putin ha contattato direttamente, per la prima volta, il vincitore delle presidenziali americane Donald Trump.

Stando alle dichiarazioni ufficiali dell’una e dell’altra parte, nella conversazione il leader russo si è innanzitutto congratulato per il risultato elettorale, ma poi sono stati affrontati anche temi più concreti che riguardano il futuro dei rapporti tra i due paesi, da stringere e migliorare, con particolare accento sulla volontà di combattere insieme il terrorismo internazionale.

Il messaggio è stato immediatamente recepito dal presidente siriano Bashar el Assad, che da ormai cinque anni sta usando il velo della lotta al terrorismo per camuffare le proprie azioni repressive nei confronti dell’opposizione, senza discriminazione tra fazioni che interpretano posizioni radicali e quelle che hanno intenti nazionalisti e più moderati finalizzati al rovesciamento del regime (l’incallimento del conflitto ha in alcuni casi portato a sovrapposizioni tra le istanze).

Assad, intervistato dalla Tv statale portoghese RTP, ha detto: “Non possiamo dire niente su quello che ha intenzione di fare [Trump], ma se […] ha intenzione di combattere i terroristi, è ovvio che diventerà un alleato, alleato naturale come i russi, gli iraniani, e molti altri paesi”. Martedì il senatore John McCain, falco repubblicano e riferimento del partito al Congresso, s’è scagliato contro Trump e le sue aperture a Mosca (e alleati). Senza nominare mai direttamente Putin, in uno statement ha scritto: “Per lo meno, il prezzo di un altro ‘reset’ sarebbe la complicità con Putin e Assad della macelleria del popolo siriano. Questo è un prezzo inaccettabile per una grande nazione” e ancora, “l’America è stata grande fin quanto si è messa dalla parte di coloro che combattono la tirannia, ed è lì che dobbiamo stare di nuovo”.

Gli attacchi piovuti sulla Siria, soprattutto su Aleppo e Idlib, sono partiti dal gruppo da battaglia della “Admiral Kuzentsov”, portaerei per la prima volta entrata in operatività in questi giorni. Si ricorderà che il suo viaggio dai mari di Murmask era stato oggetto di una sorta di esercitazione attiva con cui le marine di diversi paesi europei (membri Nato) l’avevano tracciata e controllata fino alle acque del Mediterraneo orientale.

L’esordio non era stato dei migliori, con un Mig29-Kubr di quelli imbarcati precipitato in mare lo scorso fine settimana al rientro di un volo sul nord di Aleppo, ma poi le cose hanno preso una certa, tetra, regolarità. Protagonisti degli attacchi anche i missili da crociera Kalibr, lanciati dalla fregata “Admiral Grigorivic” che accompagna la portaerei.

Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha confermato l’impiego dei due nuovi dispositivi, mentre un portavoce del Pentagono, Jeff Davis, ha commentato: “Dal punto di vista militare puro, la Russia ha già funzionalità significative all’interno della Siria. Tutto ciò che portano dall’esterno, che si tratti di portaerei, o del lancio di missili da crociera dalle navi, o di airstrike a lungo raggio che volano dalla Russia, quelli sono fatti per lo show”.

La Russia indica che i bersagli colpiti sono ascrivibili allo Stato islamico e all’ex al Nusra, gruppo un tempo affiliato ad al Qaeda su cui rimangono i dubbi anche dopo la rottura con la Base, ma i report indipendenti parlano di obiettivi anche civili. Tre centri medici sarebbero stati colpiti nelle aree controllate dai ribelli: martedì è stato messo fuori uso l’ospedale di Awaijel, villaggio ad ovest di Aleppo, lì si erano trasferiti anche diversi pazienti dalla vicina Kafrnaha, dove l’ospedale era stato colpito il giorno prima. Secondo gli osservatori umanitari del conflitto, un missile ha centrato anche la città di Saraqeb, nella provincia di Idlib, e aerei da guerra russi hanno preso di mira altre città nell’area (Ariha, Ihsim, Khan Sheikhoun e Tal Nabi Ayoub).

16/11/2016

Fonte f.it

mercoledì 9 novembre 2016

Hillary: sconfitta da una politica estera sciagurata

Prima come politico e poi Segretario di Stato, la Clinton si è distinta per essersi sempre schierata dalla parte sbagliata dei conflitti, e per aver originato disordini in diverse parti del mondo. Il suo scriteriato tentativo di rovesciare Assad in Siria ha costretto milioni di siriani a fuggire dalle proprie case,  provocando la crisi migratoria di cui africani ed europei, italiani sopratutto, stanno pagando le conseguenze.
Il curriculum di Hillary include il supporto ai barbari “contras” contro il popolo del Nicaragua negli anni ’80, il supporto ai bombardamenti NATO nell’ex Jugoslavia, il supporto alla guerra in Iraq di Bush tuttora in corso, i disordini in Afghanistan, la distruzione – in quanto Segretario di Stato – dello stato centenario della Libia, il colpo di stato militare in Honduras e l’attuale tentativo di “cambiare regime” in Siria. Tutte queste situazioni hanno portato più estremismo, più caos e pericolo in giro per il mondo. I prossimi saranno i confini di Russia, Cina e Iran. Insomma, Trump è estremista;  Hillary pure.  Brindare e godete, se ancora possedete un bicchiere.
D.Bart

sabato 5 novembre 2016

Mosul - Violenta battaglia ad Aden. Isis arruola i bambini

MOSUL – Sì combatte furiosamente strada per strada, dalla periferia orientale a quella nord-orientale di Mosul, roccaforte irachena dell’Isis e stretta nella morsa di forze governative, combattenti curdi e milizie di varie affiliazioni. L'orrore si consuma mentre l’Onu denuncia pesanti violazioni umanitarie, sia da parte degli jihadisti,  sia da parte della coalizione anti-Isis a guida americana, che nel corso dei raid aerei ha ucciso molti civili.
Dall’ufficio dell’Onu per i diritti umani di Ginevra sono rimbalzate notizie dell'”uccisione di massa” di almeno 50 disertori dell’Isis. Le Nazioni Unite affermano anche che gli jihadisti hanno trasferito in maniera forzata centinaia di civili, tra cui moltissime donne, nella zona di Tellafar, a ovest di Mosul. Le donne, sarebbero per lo più curde e yazide, due comunità considerate bersaglio dei miliziani dell’Isis.
Si parla anche dell’arruolamento forzato di adolescenti e bambini, a partire dall’età di nove anni, che Isis costringe a combattere nelle battaglie in corso a Mosul. Sempre l’ufficio dell’Onu per i diritti umani denuncia l’uccisione di 21 civili, tra cui quattro donne, nei raid aerei della coalizione anti-Isis guidata dagli Stati Uniti. l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha aggiornato a oltre 22mila il numero degli sfollati in fuga da Mosul dall’inizio dell’offensiva, scattata il 17 ottobre scorso. Secondo l’organizzazione umanitaria Oxfam, moltissimi di questi sfollati, che si trovano nelle zone “liberate” a sud di Mosul, vivono in un “inferno pieno di fumo” a causa degli incendi appiccati dai miliziani dell’Isis in ritirata. Queste famiglie – prosegue Oxfam – hanno scarso accesso ad acqua pulita e a servizi medici. “Il fumo oscura il sole e rende grigie le facce dei bambini”.
Questa mattina, all’alba, è cominciata la seconda fase dell’offensiva per la riconquista della città: le forze governative hanno tentato di penetrare i sobborghi orientali,  combattendo strada per strada, nel sobborgo di Aden e in altri quartieri periferici. "La più violenta battaglia combattuta fino ad ora per le vie della cintura esterna della città" - raccontano voci dal campo.
I miliziani si sono ritirati da alcuni quartieri, lasciandosi dietro, però, cellule di combattenti pronti al suicidio e diverse autobombe per rallentare l’avanzata nemica. Di fronte a questa resistenza, le forze governative hanno cercato di aprire un secondo fronte, a nord-est di Mosul, puntando verso i quartieri di Tahrir e Zahra. Il generale iracheno Abdelwahhab Saadi, capo delle operazioni per le forze anti-terrorismo, ha detto che le milizie sciite lavorano assieme ai governativi per far sì che l’intera città di Mosul sia assediata da ogni lato. Ne dà notizia tv filo-iraniana Mayadin.
Ma come è già accaduto nei giorni scorsi a Kirkuk e nella regione di al-Anbar, l’Isis ha risposto attaccando dietro le linee nemiche: è avvenuto a Shirqat, 100 km a sud di Mosul, dove gli jihadisti hanno tentato un assalto a sorpresa alla cittadina sul Tigri. Dopo essersi rifugiati in una moschea, sono stati respinti dall’assalto delle forze locali: il bilancio è di 36 morti, tra cui 20 miliziani dell’Isis, sei agenti e dieci civili. " I corpi degli jihadisti uccisi sono stati appesi nelle strade", avrebbe dichiarato il sindaco di Shirqat, Ali Dodah.

D.Bart.

mercoledì 2 novembre 2016

Elezioni Usa: perché tanti latinos voteranno Donald Trump?

Il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti ha definito narcos e violentatori gli ispanici che vivono nel Paese. Tra questi, però, ci sono quasi tre milioni di persone che lo sostengono. Ne abbiamo intervistati alcuni. Le consultazioni sono in programma domenica 8 novembre.

Il Bronx è un angolo di America Latina a New York. Il 52% della popolazione del distretto, che non è più il posto malfamato descritto dai film di Hollywood, è di origine latinoamericana, gli avvisi nella metropolitana sono bilingue e i ristoranti vendono empanadas e tacos.

Antonio Meléndez, che il nome del Bronx ce l’ha cucito sulla felpa, vive qui da tutta la vita ed è figlio di una coppia di portoricani. Il suo spagnolo è un po’ arrugginito ma assicura di sentirsi “molto latino”, oltre che repubblicano. Il 19 aprile, quando Donald Trump ha vinto le primarie nello Stato di New York, è uscito a festeggiare. “L’economia va malissimo da queste parti e bisogna sistemarla, quando ero giovane non c’era tanta gente povera e senza casa. Credo che Trump potrebbe rappresentare un vero cambiamento in questo Paese”, spiega l’uomo, che afferma di apprezzare la fermezza del candidato repubblicano.

Donald Trump ha fatto breccia nei cuori di un elettorato deluso da decenni di politiche neoliberali, grazie ad una proposta protezionista che prevede ad esempio la rinegoziazione dei trattati di libero commercio come il NAFTA (North American Free Trade Agreement). Una politica che ha il sapore di una guerra commerciale contro il Messico, in cui molte imprese statunitensi hanno delocalizzato la loro produzione.

Antonio Meléndez non è l’unico ispano-statunitense che simpatizza per Trump. Secondo un sondaggio pubblicato a febbraio da The Washington Post e Univision Noticias, il 16% dei 27,3 milioni di elettori statunitensi che si riconoscono come latini ha una buona opinione di Trump, mentre un’indagine più recente di Los Angeles Times e Latino Decisions indica che sono il 10%. Non è una percentuale molto alta, ma significa comunque che almeno 2,7 milioni di persone forse voteranno l’8 novembre per un uomo che li ha definiti “narcotrafficanti e violentatori”.

Quando ha ascoltato quelle parole, come il 74% dei votanti latini, Antonio Meléndez si è sentito offeso. Degli Stati Uniti, infatti, dice di amare proprio la capacità di accogliere i migranti. “Tutti devono avere la possibilità di essere cittadini statunitensi, tutti hanno il diritto di stare qui. Gli Stati Uniti sono un Paese libero in cui può venire qualsiasi persona”. Meléndez preferisce non esprimersi sulle dichiarazioni di Trump sulla necessità di deportare gli 11 milioni di migranti irregolari che si stima vivano negli Stati Uniti, e di costruire un “grande e bel muro” di 3mila chilometri sulla frontiera con il Messico, per impedire il loro passaggio. Meléndez considera le idee di Trump come intimidazioni “che non verranno mai messe in pratica”, al contrario del 57% dei messicani che, secondo un recente sondaggio dell’istituto Parametría, è convinto del contrario.

27,3 milioni: sono gli elettori statunitensi che si riconoscono come “latini”
Le dichiarazioni di Trump sui latini sono, in realtà, molto contraddittorie. Il candidato repubblicano ha affermato di amare il Messico e di avere molti amici messicani. Nel suo discorso di investitura, ha però reiterato la necessità di costruire un muro frontaliero e mettere fine alla migrazione illegale. Allo stesso tempo, il 5 maggio scorso, giorno di una festa nazionale messicana che viene celebrata più negli Stati Uniti che in Messico, il magnate ha pubblicato una foto in cui appariva sorridente davanti a un taco bowls, pietanza che in realtà non esiste in Messico. “Buon 5 maggio”, dice la didascalia della foto. “I migliori taco bowls si preparano nel ristorante della Trump Tower. Amo gli ispanici!”.

“È opportunismo politico, Donald Trump è sempre stato molto erratico nelle sue dichiarazioni”, afferma Laura Carlsen del Center of International Policy. Secondo l’analista politica una sua vittoria non sarebbe un pericolo solo per Stati Uniti e Messico, ma per il mondo intero. “Trump ha iniziato la campagna con dichiarazioni molto offensive, che hanno provocato una reazione forte nella società messicana e in quella statunitense. Immagino che in seguito i suoi collaboratori abbiano iniziato a dirgli che è impossibile vincere le elezioni presidenziali senza il voto dei messicani.

Myriam Witcher è nata a Bogotá, capitale della Colombia, ed è una donna d’affari. Si occupa di esportare caffè e fiori dal suo Paese, e da circa sedici anni ha messo radici negli Stati Uniti. Il 6 ottobre 2015, si è addormentata con la rivista People aperta sul petto. La copertina di quel numero mostrava una foto di Trump raggiante, in compagnia della moglie e del figlio. Quella notte, Myriam sognò di incontrarlo e dargli la mano.

Un paio di giorni dopo, la donna realizzò il suo sogno. Durante un meeting repubblicano a Las Vegas, Trump la vide tra il pubblico mentre sventolava con entusiasmo la sua copia di People, e la invitò a salire sul palco. “Sono ispanica e voto per il signor Trump. Signor Trump, ti amiamo!”, gridò Witcher euforica. “Quel giorno fu un giorno grande per me, non lo dimenticherò mai”, confessa oggi. La donna assicura che il suo show non era stato concordato con lo staff del candidato. Da allora, però, Witcher è diventata il simbolo dei latini che simpatizzano per Trump: è stata intervistata da numerose testate giornalistiche e ha recentemente pubblicato un libro in cui racconta il suo amore per il magnate.

La signora Witcher assicura che la lettura dei libri di Donald Trumap è stata fondamentale per la sua formazione professionale, e ricorda con orgoglio e nostalgia il giorno in cui suo padre, un riconosciuto medico, lo ha incontrato nella Trump Tower di New York.

Quello di Witcher sembra essere un amore incondizionato: “Quello che mi appassiona è l’essere umano meraviglioso, la sua essenza. La gente non lo conosce perché i mezzi di comunicazione danno un messaggio completamente erroneo su di lui -spiega-. Il suo cuore è così bello, aiuta con tante cose di carità. Potrebbe essere il miglior presidente del mondo intero. Hillary Clinton va verso il cammino del comunismo, qui lo chiamano socialismo ma non è socialismo quando c’è una dittatura”.

Sul tema della migrazione, Witcher considera una discriminante la moralità di chi ha la possibilità di arrivare e vivere negli Stati Uniti con documenti regolari, e chi entra nel Paese senza permesso. Racconta della sofferenza che vive ogni volta in cui pensa alle persone che muoiono nel tentativo di attraversare la frontiera meridionale del Paese, ma non ammette che si permetta ai violentatori di farlo. “I violentatori non dovrebbero vivere in nessun posto al mondo, dobbiamo mettere fine a tutto ciò, abbiamo perso moltissimi cittadini americani di tutte le razze. È vero, ci sono moltissimi esseri umani belli, però per il bene di Messico e degli Stati Uniti, tutti devono avere i propri documenti in regola”.

“Non mi piace quel pagliaccio (Trump, ndr), è una marionetta delle imprese. Ma quella che mi spaventa è Hillary Clinton, lei ha l’appoggio delle aziende che sostengono i centri di detenzione per migranti. Trump ci sta facendo un favore, grazie a lui i razzisti stanno facendo outing”, dice Antonia Álvarez, donna di origine messicana che fa parte dell’Asamblea de Derechos Civiles de Minnesota, un’associazione statunitense che lotta per i diritti dei migranti. Antonia Álvarez è preoccupata perché gli ispanici sono il gruppo che meno vota negli Stati Uniti: secondo il Pew Hispanic Center, solo il 44% della popolazione di origine latinoamericana si reca alle urne. “Molti di noi hanno figli nati negli Stati Uniti, però spesso questi ragazzi non votano perché i genitori hanno insegnato loro che in Messico votare non serve a nulla, e per questo non vogliono votare neanche qui”.

Secondo David Ayon, politologo e collaboratore dell’istituto di ricerche Latino Decisions, Trump seduce gli elettori facendo loro credere di avere successo negli affari e di sapere come creare posti di lavoro. “Possiamo riscontrare nella cultura politica latinoamericana una tendenza a simpatizzare per gli uomini forti, come Perón o Chávez, e Trump cerca di mostrare la sua forza proprio attaccando gruppi vulnerabili come i migranti irregolari”, spiega Ayon.

Il politologo sottolinea come molti statunitensi di origine latinoamericana, anche i cubani che sono tradizionalmente considerati un gruppo conservatore, si sono sentiti offesi da questo attacco e si sono raccolti intorno all’esigenza di non permettere la sua elezione. “Abbiamo dati che provano un forte aumento delle richieste di cittadinanza da parte degli ispanici”, afferma Ayon. Secondo il Department of Homeland Security, nel 2016 le nazionalizzazioni sono aumentate del 20% e alcuni analisti affermano che buona parte della comunità latina ha preso la decisione in funzione anti-Trump. Nella storia degli Stati Uniti, non c’erano mai stati tanti elettori ispanici.

ALTRECONOMIA- REPORTAGE - INCHIESTA

L' esercito iracheno entra a Mosul. Onu: “Isis usa civili come scudi umani”

Decine di donne e bambini in fuga da Mosul vengono accolti e messi in salvo dai soldati iracheni. Nella città sono migliaia le persone rimaste intrappolate nella battaglia di liberazione mentre l'ONU accusa l'Isis di usare i civili come scudi umani.
“Abbiamo rapporti secondo i quali l’Isis ha cercato di trasportare circa 25.000 civili da Hammam al-Alil a bordo di camion e minibus verso Mosul e nei dintorni della città- ha dichiarato la rappresentante delle Nazioni Unite Ravina Shamdasani, esprimendo “profonda preoccupazione per la sicurezza di queste persone e le altre decine di migliaia di civili che sarebbero state forzatamente trasferite dall’Isis nelle due ultime due settimane”. Alcuni rapporti riferiscono di esecuzioni di massa da parte dell’Isis. Sabato, 40 ex membri della Forza di sicurezza iracheni sono stati uccisi ed i loro corpi sono stati gettati nel fiume Tigri.
Per non parlare delle vittime del codiddetto “fuoco amico”. Otto civili di una stessa famiglia, tre dei quali bambini, secondo il Guardian, sono stati uccisi per errore nei giorni scorsi da un raid Usa sulla loro casa nel villaggio di Fadhiliya, pochi chilometri fuori Mosul.  È la prima volta, scrive il sito del giornale, che un raid occidentale uccide civili da quando è iniziata l’offensiva per riprendere Mosul. Gli Usa fanno sapere di aver condotto un raid nell’area il 22 ottobre e che indagheranno sulla vicenda.
Sta di fatto che le persone  uccise nel mese di ottobre in Iraq sono 1.792 , di cui almeno 1.120 civili; gli altri 672 appartenevano alle forze di sicurezza irachene: curdi pershmerga e milizie che combattono a fianco dell’esercito. I feriti sono 1.358 . La città più colpita è Baghdad con 268 civili uccisi e 807 feriti seguita dalla provincia di Ninive, con capitale Mosul, con 566 morti e 59 feriti.
L'ONU ritiene che si aggiri intorno al  milione il numero dei civili intrappolati  lungo tutta la linea del fronte orientale. Sono stati già allestiti per questo grandi campi profughi. Decine di persone sono già  riuscite ad attraversare le linee jihadiste per essere accolte dai vittoriosi Peshmerga  nella ‘trincea Bashiq’, dove i missili anti-carro Folgore italiani hanno sconfitto e abbattuto l’artiglieria pesante del Califfo.
D.Bart