venerdì 20 aprile 2018

Siria: giuristi tedeschi contro i missili Usa. Violato diritto internazionale.

Secondo i giuristi della Camera dei Deputati tedesca i missili lanciati delle forze occidentali in Siria hanno violato il diritto internazionale.
Dopo l'attacco dei giorni scorsi, fortemente condannato da Russia ed Iran, la diplomazia internazionale appare disorientata mentre si muove nervosamente alla ricerca di una strategia chiara.

"L'uso della forza militare contro uno stato, al fine di punire la violazione da parte di tale stato di una convenzione internazionale, rappresenta una violazione del divieto di ricorrere alla violenza prevista dal diritto internazionale".

Scrivono così, nero su bianco, gli esperti del Bundestag rispondendo ad una interrogazione di Die Linke, partito della sinistra radicale, contrario ai bombardamenti.
I giuristi interpellati basano le proprie convinzioni su una Dichiarazione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1970, in cui si sottolinea "il dovere degli Stati di astenersi, nelle loro relazioni internazionali, dall'uso del vincolo militare".
Ma non solo.
Ricordano anche che in passato il Consiglio di sicurezza dell'ONU aveva respinto le rappresaglie armate, definendole "incompatibili con gli obiettivi e i principi delle Nazioni Unite".
Secondo lo stesso documento anche la ragione legale avanzata dalla Gran Bretagna, che ha partecipato all'intervento a fianco degli Stati Uniti e della Francia, non sarebbe "convincente",
Londra sostiene che la legge internazionale consente, eccezionalmente, azioni di ritorsione al fine di prevenire ulteriori sofferenze umane. E il presunto uso di armi chimiche da parte delle truppe del presidente Bashar al-Assad ben rappresenterebbe tale condizione.
Ma, sempre secondo gli esperti tedeschi, sarebbe stato più corretto chiedersi  "se gli attacchi militari sono davvero appropriati per prevenire ulteriori sofferenze" in Siria.
Il conflitto, che dal 2011, in una guerra fratricida, vede contrapposti siriani pro o contro il regime di Assad, ha causato più di 350.000 morti,  milioni di sfollati e rifugiati.

Il 14 aprile scorso, Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno lanciato sulla Siria i missili Cruise che hanno distrutto  tre siti siriani presumibilmente usati per lo studio e la produzione di armi chimiche. L'azione, annunciata ufficialmente dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non ha causato vittime. Com'era del resto nelle intenzioni degli attaccanti, secondo i quali la rappresaglia doveva essere solo un avvertimento nei confronti di Assad, considerato resonsabile del presunto attacco chimico che il 7 aprile, a Douma, nei sobborghi di Damasco, ha provocato la morte di 34  persone.
L'attacco, sferrato da Usa, Francia e UK, è avvenuto senza il consenso del Consiglio di sicurezza dell'ONU, dove siede anche la Russia, alleata del regime di Assad. La Germania non ha partecipato ma l'ha sostenuta, dicendo che era "necessaria e appropriata". L'opinione degli avvocati della Camera dei Deputati è un colpo imbarazzante per Angela Merkel, in un paese molto a cavallo sul rispetto delle regole legali.
Ci sono molte ragioni per opporsi a un intervento militare straniero in Siria, a prescindere che sia degli Stati Uniti, della Russia, dell’Iran o della Turchia. Nessuno di questi paesi agisce nell’interesse dei siriani, della democrazia o dei diritti umani. Le bombe straniere non portano pace e stabilità, ma un'alternativa all'intervento esterno si dovrà trovare per proteggere la popolazione civile dai massacri.
Assad, che ha ereditato una dittatura dal padre e non ha mai organizzato né vinto elezioni libere, riesce a riconquistare il territorio perduto solo grazie all'intervento dei bombardamenti stranieri, aggressioni feroci che uccidono, mutilano, straziano inermi civili.
Tutti sembrano aver dimenticato che gli Stati Uniti bombardano la Siria dal 2014. Nella campagna per la liberazione di Raqqa dall'Isis  più di mille civili sono stati uccisi. Secondo le stime delle Nazioni Unite, l’80 per cento di Raqqa è oggi inabitabile.

Infine, nessuno ricorda che Assad ha appoggiato la prima guerra del Golfo; partecipato al programma illegale di extraordinary renditions della Cia, in cui presunti terroristi venivano interrogati e torturati in Siria per conto dell’agenzia di spionaggio statunitense. E quel che è peggio, si vuol dimenticare che il dittatore ha torturato a morte migliaia di oppositori pacifici, laici e democratici, dopo averli stipati nelle carceri.

Oltre alle decine di siriani che ogni giorno vengono brutalmente uccisi, migliaia di civili continuano a scappare dalle proprie città, ad abbandonare le abitazioni dove sono cresciuti e che, forse, non rivedranno mai più.

D.Bart.

domenica 15 aprile 2018

GLI INTERESSI DI CHI VUOLE LA GUERRA IN SIRIA: PERCHÉ USA, UK, FRANCIA SCENDONO IN CAMPO CONTRO ASSAD.


Proprio ora! Ora che i gruppi ribelli anti-Assad hanno perso la guerra, le grandi potenze occidentali decidono di intervenire personalmente contro la Siria.

PERCHÉ?
"Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Arabia Saudita hanno perso la guerra sul campo", scrive Naman Tarcha, giornalista e conduttore televisivo siriano, "dopo aver sostenuto i gruppi armati, adesso si muovono loro militarmente nell'ultima occasione che gli rimane per quello che è il loro scopo sin dal 2011, il regime change siriano, eliminare Assad".
Ma quali interessi sottenderebbero una volontà per molti versi distruttiva?
Per capirlo occorre partire  dalla posizione geografica della Siria, punto strategico più importante del Medio Oriente, porta spalancata sull' Europa e, dunque, territorio sul quale da sempre si concentrano gli interessi di Gran Bretagna e Francia. Antiche e consolidate mire che ora s'intrecciano con le più attuali di Turchia, Iran e Arabia Saudita. Interessi macchiati dal sangue dei siriani, vittime di una strage che si perpetua, attimo dopo attimo, a partire dal 2011, data d'inizio della guerra civile.
Trump è ambiguo, Macron più deciso, ma insieme, affiancati da Theresa May,
hanno sferrato l'attacco missilistico contro il suolo siriano. Al momento, limitato alla distruzione di centri per la ricerca e la produzione di armi chimiche. 




Così si dice.
Ma le ragioni politiche che alimentano l'astio verso Assad sono parecchie.
- A cominciare da quella palestinese, tornata d'urgente  attualità proprio in questi giorni.
- C'è poi il conflitto sciita-sunnita, che vede l'Arabia Saudita (da sempre accusata di finanziare il terrorismo)
ben decisa a dominare la zona e a ridurre a zero l'influenza dell'Iran per poi assumere il dominio completo del Golfo a scapito del Qatar.
- Subentra il sentore che anche la guerra nello Yemen sia un altro tassello della delicata partita a scacchi che si sta giocando in Medio Oriente. I ribelli che controllano la capitale San’a sono sciiti come l’Iran, storici alleati della Russia e del regime di Assad in Siria.
Tutto il resto del Medio Oriente, Isis compreso, è, al contrario, sunnita. Far cadere i ribelli Huthi nello Yemen vorrebbe dire per Stati Uniti e Arabia Saudita indebolire l’Iran, grande nemica di entrambi i paesi. In tale contesto le vittime designate sono i civili yemeniti, soprattutto i bambini, che muoiono a migliaia, sfiancati  dalla fame, dal colera e dalle bombe saudite.
Migliaia di bombe d’aereo, provenienti proprio dalla nostra bella Italia. Prodotte nello stabilimento RWM di Domusnovas, nel Sulcis della Sardegna, sono state vendute alle forze aeree saudite per essere scaricate sullo sfortunato, martoriato Yemen, in una guerra atroce, dimenticata da tutti.
- In questo gioco al massacro sulla pelle di inermi cittadini, entra in campo anche lo scontro tra Paesi come Russia e Stati Uniti, i quali, per suffragare il proprio status di poli mondiali, devono pur mostrare i muscoli.
- Nell'intreccio di interessi che mira a disintegrare Assad e a cambiare il Paese, si inserisce infine la Turchia, con la questione curda, perennemente irrisolta.
- Da non sottovalutare è la presenza dei Fratelli musulmani, che guidati da Erdogan e finanziati dal Qatar, hanno grande influenza in Europa, soprattutto in Gran Bretagna, dove il loro peso politico arriva ad influenzare anche le mosse del governo. Circola voce di uno scritto approfondito sui finanziamenti di islamici inglesi a favore dei gruppi jihadisti in Siria; documento  secretato, che nessuno è mai riuscito a vedere.
Secondo molti osservatori anche in Italia i Fratelli musulmani avrebbero radici profonde, con personaggi ufficialmente considerati musulmani moderati i quali, viceversa, agirebbero per conto del radicalismo islamico.
L'utilizzo di gruppi armati sostenuti e finanziati da potenze esterne occidentali è cosa risaputa e provata: è accaduto in Afghanistan con i russi, ed è noto il recente fenomeno dei foreign fighters. Figure che, di volta in volta e secondo i casi, vengono diversamente definite: terroristi, quando colpiscono in Occidente, ribelli moderati,  quando combattono in Siria.
Per i sostenitori di Assad si tratta semplicemente di uno strumento per attualizzare la politica di regime change, il cambio di regime in Siria, secondo gli interessi occidentali.
Il primo dei quali sarebbe proprio quello di spezzare l'asse  Putin- Assad.
Siria e Russia sono alleate da sempre.
Il territorio siriano, situato tra Libano e Iraq, rappresenta la parte finale della cosiddetta mezzaluna sciita, che s'insinua fino al Mediterraneo.
Proprio ciò che risulta sgradito all'Arabia e che, di conseguenza, non piace, nemmeno ai suoi alleati, Stati Uniti.


IL RUOLO DELL'EUROPA.
Quello dell'Europa, in questa fase di creazione e consolidamento di una ipotetica Unione, è un ruolo sospeso, pressoché inesistente. Fatta eccezione per le proverbiali sicurezze della Francia, il resto del Continente non sa che fare. Lo si è visto in Iraq, nel 2003;  nella drammatica vicenda libica e nel crescente processo di destabilizzazione dell'intera zona nordafricana, che altro non ha sortito se non il terrorismo ed un' incontrollata, dolorosa, drammatica immigrazione .
Molti sono i siriani convinti di trovarsi in mezzo ad una guerra fin dall'inizio utilizzata per un cambio di regime. Adesso che anche l'ultimo lembo di Goutha è stato liberato, ora che i ribelli si sono arresi e se ne sono andati, il caso dell'attacco chimico che senza alcuna prova viene attribuito al regime pare a molti solo un pretesto (o un tentativo) delle potenze occidentali per rovesciare Assad.
Evidentemente non ha insegnato nulla l'invenzione delle false prove sulle armi chimiche di Colin Powell per invadere l'Iraq.
Eppure un po' di prudenza sarebbe auspicabile, almeno da parte dell'Europa.
Gli Stati Uniti sanno di aver perso ormai in Siria una guerra che erano convinti di vincere in pochi mesi.
Le stesse lobby che hanno spinto l'incerto Trump ad un'azione cosiddetta dimostrativa dovrebbero ora  spiegargli che la Russia, ovviamente, risponderà.
Se Usa, Francia e Regno Unito vogliono portare a compimento il piano che gruppi armati ribelli hanno fallito, dovranno, per "salvare" i siriani, bombardare i siriani.
Paradossi della storia.

Eppure, proprio su tali presupposti, dettati ora da grandi, ora da piccoli o meschini interessi, poggiano le ragioni che, di volta in volta, spingono le Nazioni ad agire l'una contro l'altra, anche a costo di immani, atroci ingiustizie.
Ognuna in nome di una presunta visione lungimirante, che dovrebbe tutelarne nel tempo:  economia, profitti, crescita, confini, politica. Anche per questo il popolo avverso, spesso confinante, altre volte prossimo ad una vicinanza relativamente sconveniente,
deve essere imprigionato, affamato, scarnificato, massacrato. È così che si creano i profughi, quelli che poi nessuno vuole ospitare. 

D. Bart.

domenica 8 aprile 2018

Siria. Strage chimica a Duma: il pretesto per un attacco su vasta scala contro Assad.

All'ultima, ennesima strage di persone in Siria, fa seguito l'abituale e circostanziata efferatezza che annuncia, con deliberato cinismo, un nuovo pretesto di guerra: quel che si dice in gergo: il casus belli. 70 civili sono stati uccisi  per soffocamento causato da un agente chimico. Non è dato sapere con precisione quale, ma la sostanza in questione non dovrebbe essere un agente nervino bensi un gas “soffocante”, come ad esempio il fosgene. Un tipo di arma chimica mai usata prima d’ora in Siria. È questa, al momento, l'ipotesi formulata da alcuni esperti dopo aver visionato le immagini delle vittime.
Tra queste, come sempre, si contano anche numerosi bambini.
Quello che invece non si riesce a capire è chi sia realmente il responsabile dell'orrendo gesto. I ribelli accusano il Governo Siriano, il Governo Siriano respinge l' accusa e punta l'indice dritto contro i ribelli stessi.
Gli Stati Uniti, attribuiscono alla Federazione Russa una rilevante responsabilità ed un sia pur indiretto coinvolgimento nei gesti  perpetrati (eventualmente) dai gruppi fedeli al governo di Damasco. E la Russia che fa? Nega a sua volta ogni addebito, e parla di attacco “fabbricato”.
Sta di fatto che, indipendentemente da chi sia il responsabile della strage, ora gli Stati Uniti hanno a disposizione il pretesto, il casus belli, per attaccare la Siria.
Da settimane il numero uno del Pentagono, Jim Mattis, afferma che l’uso di armi chimiche in Siria determinerebbe una dura risposta americana. Lo stesso presidente Trump, che pure aveva annunciato il ritiro delle truppe Usa, aveva pubblicamente dichiarato la propria volontà di attaccare i vertici del regime siriano nel caso in cui fossero state utilizzate armi chimiche.
Non vorranno estraniarsi di certo dalla scena francesi e  britannici, sempre pronti ad agire di concerto con gli Stati Uniti quando si tratta di colpire assetti vitali del governo di Damasco.
E quindi, paradossalmente, assume persino relativa importanza la paternità di  questo attacco chimico. Ciò che conta, invece, sono le decisioni dei Governi Occidentali, ora, che finalmente hanno una motivazione per giustificare un attacco su vasta scala in Siria.
Americani, francesi e britannici devono aver già chiari anche i bersagli contro cui puntare i propri missili.
1)Le basi militari sospettate di essere l’origine degli attacchi chimici.
2)La sede del Governo Siriano e il suo presidente Al Assad
3)I sistemi di difesa aerea della Siria e le batterie operate dai russi.
Ad un' eventuale risposta militare dell'occidente potrebbe invece contrapporsi una più auspicabile risposta diplomatica o politica. A partire da oggi, gli occhi guardano a Washington, le speranze, tutte, sono riposte su John Bolton, nuovo Consigliere per la Sicurezza Nazionale alla Casa Bianca.

D.Bart.