Una guerra violenta e dimenticata da tutti continua a devastare lo Yemen.
Oggi ha assunto le sembianze del colera. L'epidemia che si sta rapidamente diffondendo nel Paese sarebbe la peggiore della storia. I casi superano i 200mila e aumentano con un tasso di oltre 5mila al giorno: in soli due mesi sono morte più di 1300 persone, in gran parte bambini. I dati sono stati diffusi dall’UNICEF e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il colera è un’infezione che colpisce l’intestino tenue, causata da alcuni ceppi del batterio Vibrio cholerae, che si sviluppano per lo più in acqua e cibo contaminati da feci umane infette. La malattia si presenta con diarrea, spesso complicata da acidosi, crampi e vomito, in grado di causare in poco tempo una grave disidratazione. I sintomi possono comparire in un intervallo che va da poche ore a 5 giorni dal contagio. La prevenzione consiste nel lavare le mani con acqua pulita, bere acqua potabile e mangiare cib l’accesso
o cotto o bollito.
Ma in Yemen l'uso di acqua è un lusso che il popolo non può permettersi. Almeno da quando è scoppiata la guerra civile con la fine del regime di Saleh a seguito delle proteste della cosiddetta “Primavera araba”. Rivoluzione che in Yemen è stata guidata soprattutto dagli Houthi e dal gruppo Islah, all’interno del quale agivano anche i Fratelli Musulmani yemeniti. Saleh governava il paese dal 1978, prima solo lo Yemen del Nord quindi tutto il paese, dopo l’unificazione. Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 in Yemen è iniziata una lenta e complicata transizione politica, sostenuta e guidata, dai paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar). Con la posizione particolarmente pressante dell’Arabia Saudita, Saleh ha accettato di lasciare il potere presidenziale nelle mani di Abdel Rabbo Monsour Hadi, l'elezione del quale viene riconosciuta dai paesi arabi e dall’Occidente.
Da quel momento inizia da parte degli Stati Uniti una fitta collaborazione con Hadi. I due Paesi hanno peraltro in comune due pericolosi nemici: al Qaida (che in Yemen opera nel sud) e i ribelli sciiti Houthi (nel nord del paese).
"L'esiliato" Saleh, di fatto, non ha mai lasciato davvero il potere: come ha scritto il New York Times nel febbraio del 2014, l'ex presidente yemenita non ha fatto la brutta fine toccata ad altri dittatori deposti con le Primavere Arabe. È rimasto a Sana’a, nel suo palazzo presidenziale, dove ha continuato ad esercitare il ruolo di leader del suo partito e a controllare parte dei funzionari al governo e dei militari nelle posizioni chiave dell’esercito. Una sorta di compromesso accettato anche dai sauditi, che lo hanno giustificato come necessario per evitare una guerra civile nel paese.
Evedentemente non è servito.
Hadi non è riuscito a mantenere le promesse che alimentavano gli impulsi delle Primavere arabe. Non ha portato a compimento un governo che includesse anche i gruppi che erano stati oppressi o discriminati da Saleh (tra cui i ribelli Houthi e le forze separatiste del sud). Il nuovo governo yemenita anziché realizzare il cambiamento è stato costretto a riciclare politici di vecchia data, perché troppe erano le resistenze saudite che chiedevano più poteri per gli Houthi. L' intervento dei sauduti in Yemen poggia su necessità di sicurezza: oltre al lungo confine che i due paesi condividono esiste il concretissimo problema che un rafforzamento degli sciiti yemeniti potrebbe far proliferare la minoranza sciita - presente in alcune zone orientali dell’Arabia Saudita - che sfida periodicamente il potere della monarchia sunnita.
Così, oggi, il più forte dei due schieramenti della guerra, è formato dai ribelli Houthi, dalle forze fedeli all’ex presidente Saleh e anche dall’Iran, che però non sembra avere una presenza diretta in Yemen.
Gli Houthi sono un gruppo sciita zaydita, una setta dello sciismo di cui fa parte circa il 35 per cento della popolazione musulmana yemenita. Zayditi e Saleh non sono sempre stati alleati, anzi: gli zayditi, che hanno governato nel nord dello Yemen per secoli, sono stati oppressi da Saleh tra il 2004 al 2010. Nel 2011, durante le proteste della cosiddetta “Primavera araba”, gli Houthi hanno protestato insieme ad altri partiti e gruppi chiedendo l’allontanamento di Saleh dal potere. E come ha scritto l’analista yemenita Iona Braig su al Jazeera America, quello di oggi tra Houthi e Saleh è un “matrimonio di convenienza”, che ha molto poche probabilità di durare nel tempo.
La rapida avanzata degli Houthi è spiegata anche dai legami del gruppo con l’Iran. Cosa che viene ufficialmente negata, mentre i fatti dimostrano il contrario. Un funzionario iraniano ha detto a Reuters che “alcune centinaia” di combattenti delle Forze al Quds, l’unità di élite delle Guardie Rivoluzionarie iraniane che si occupa di estendere l’influenza dell’Iran all’estero, hanno addestrato i combattenti Houthi sia in Yemen che in Iran. Si sa per certo che il governo iraniano ha fornito assistenza militare e finanziaria agli Houthi.
Il flagello del colera in Yemen è la diretta conseguenza di due anni di conflitto.
Gli stipendi di molti lavoratori non vengono pagati da oltre 10 mesi, mancano elettricità e acqua corrente. Il sistema fognario ha smesso di funzionare ad Aprile di quest’anno. Oltre 14 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita per bere o cucinare, e gli ospedali sono sovraffollati.
Malnutrizione e cattiva alimentazione hanno indebolito la salute dei bambini rendendoli più vulnerabili alla malattia. Muoiono stremati dalla disidratazione, tra le braccia di madri disperate.
L’UNICEF, l’OMS, organizzazioni umanitarie come Medici Senza Frontiere lavorano per rallentare la diffusione dell’epidemia, distribuendo acqua potabile, servizi igienici e assistenza sanitaria di casa in casa, oltre ad informazioni su come proteggersi e su come depurare e conservare l’acqua potabile.
D.Bart.
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