mercoledì 28 giugno 2017

IL COLERA E LA GUERRA VIOLENTA CHE DEVASTANO LO YEMEN .


Una guerra violenta e dimenticata da tutti continua a devastare lo Yemen.
Oggi ha assunto le sembianze del colera. L'epidemia che si sta rapidamente diffondendo nel Paese sarebbe la peggiore della storia. I casi superano i 200mila e aumentano con un tasso di oltre 5mila al giorno: in soli due mesi sono morte più di 1300 persone, in gran parte bambini. I dati sono stati diffusi dall’UNICEF e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Il colera è un’infezione che colpisce l’intestino tenue, causata da alcuni ceppi del batterio Vibrio cholerae, che si sviluppano per lo più in acqua e cibo contaminati da feci umane infette. La malattia si presenta con diarrea, spesso complicata da acidosi, crampi e vomito, in grado di causare in poco tempo una grave disidratazione. I sintomi possono comparire in un intervallo che va da poche ore a 5 giorni dal contagio. La prevenzione consiste nel lavare le mani con acqua pulita, bere acqua potabile e mangiare cib l’accesso
o cotto o bollito.

Ma in Yemen l'uso di acqua è un lusso che il popolo non può permettersi. Almeno da quando è scoppiata la guerra civile con la fine del regime di Saleh a seguito delle proteste della cosiddetta “Primavera araba”.  Rivoluzione che in Yemen è stata guidata soprattutto dagli Houthi e dal gruppo Islah, all’interno del quale agivano anche i Fratelli Musulmani yemeniti. Saleh governava il paese dal 1978, prima solo lo Yemen del Nord quindi tutto il paese, dopo l’unificazione. Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 in Yemen è iniziata una lenta e complicata transizione politica, sostenuta e guidata, dai paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG: Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar). Con la posizione particolarmente pressante  dell’Arabia Saudita,  Saleh ha accettato di lasciare il potere presidenziale nelle mani di Abdel Rabbo Monsour Hadi, l'elezione del quale viene riconosciuta dai paesi arabi e dall’Occidente.

Da quel momento inizia da parte degli Stati Uniti una fitta collaborazione con Hadi. I due Paesi hanno peraltro in comune due pericolosi nemici: al Qaida (che in Yemen opera nel sud) e i ribelli sciiti Houthi (nel nord del paese).
"L'esiliato" Saleh, di fatto, non ha mai lasciato davvero il potere: come ha scritto il New York Times nel febbraio del 2014, l'ex presidente yemenita non ha fatto la brutta fine toccata ad altri dittatori deposti con le Primavere Arabe. È rimasto a Sana’a, nel suo palazzo presidenziale, dove ha continuato ad esercitare il ruolo di leader del suo partito e a controllare parte dei funzionari al governo e dei militari nelle posizioni chiave dell’esercito. Una sorta di compromesso accettato anche dai sauditi, che lo hanno giustificato come necessario per evitare una guerra civile nel paese.
Evedentemente non è servito.

Hadi non è  riuscito a mantenere le promesse che alimentavano gli impulsi delle  Primavere arabe. Non ha portato a compimento  un governo che includesse anche i gruppi che erano stati oppressi o discriminati da Saleh (tra cui i ribelli Houthi e le forze separatiste del sud). Il nuovo governo yemenita anziché realizzare il cambiamento è stato costretto a riciclare politici di vecchia data, perché troppe erano le resistenze saudite che chiedevano più poteri per gli Houthi. L' intervento dei sauduti in Yemen poggia su necessità di sicurezza: oltre al lungo confine che i due paesi condividono esiste  il concretissimo problema  che un rafforzamento degli sciiti yemeniti potrebbe far proliferare la minoranza sciita - presente in alcune zone orientali dell’Arabia Saudita -  che sfida periodicamente il potere della monarchia sunnita.

Così, oggi, il più forte dei due schieramenti della guerra, è formato dai ribelli Houthi, dalle forze fedeli all’ex presidente Saleh e anche dall’Iran, che però non sembra avere una presenza diretta in Yemen.

Gli Houthi sono un gruppo sciita zaydita, una setta dello sciismo di cui fa parte circa il 35 per cento della popolazione musulmana yemenita. Zayditi e Saleh non sono sempre stati alleati, anzi: gli zayditi, che hanno governato nel nord dello Yemen per secoli, sono stati oppressi da Saleh tra il 2004 al 2010. Nel 2011, durante le proteste della cosiddetta “Primavera araba”, gli Houthi hanno protestato insieme ad altri partiti e gruppi chiedendo l’allontanamento di Saleh dal potere. E come ha scritto l’analista yemenita Iona Braig su al Jazeera America, quello di oggi tra Houthi e Saleh è un “matrimonio di convenienza”, che ha molto poche probabilità di durare nel tempo.

La rapida avanzata degli Houthi è spiegata anche dai legami del gruppo con l’Iran. Cosa che viene ufficialmente negata, mentre i fatti  dimostrano il contrario. Un funzionario iraniano ha detto a Reuters che “alcune centinaia” di combattenti delle Forze al Quds, l’unità di élite delle Guardie Rivoluzionarie iraniane che si occupa di estendere l’influenza dell’Iran all’estero, hanno addestrato i combattenti Houthi sia in Yemen che in Iran. Si sa per certo che il governo iraniano ha fornito  assistenza militare e finanziaria agli Houthi.

Il flagello del colera in Yemen  è la diretta  conseguenza di due anni di conflitto.
Gli stipendi di molti lavoratori non vengono pagati da oltre 10 mesi, mancano elettricità e acqua corrente. Il sistema fognario ha smesso di funzionare ad Aprile di quest’anno. Oltre 14 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita per bere o cucinare, e gli ospedali sono sovraffollati.
Malnutrizione e cattiva alimentazione hanno  indebolito la salute dei bambini rendendoli più vulnerabili alla malattia. Muoiono stremati dalla disidratazione, tra le braccia di madri disperate.

L’UNICEF, l’OMS, organizzazioni umanitarie come Medici Senza Frontiere lavorano per rallentare la diffusione dell’epidemia, distribuendo acqua potabile, servizi igienici e assistenza sanitaria di casa in casa, oltre ad informazioni su come proteggersi e su come depurare e conservare l’acqua potabile.

D.Bart.

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venerdì 23 giugno 2017

238 Arrested in Major Hollywood Pedophile Ring Bust 'Major Hollywood players' taken down for child sex crimes

The Justice Department has arrested 238 in a major new operation The Department of Justice has just conducted a series of raids across Los Angeles and arrested 238 people in connection with a Hollywood pedophilia network. According to police, the arrests included some "major Hollywood players" as well as politicians, white-collar professionals, a monk, and other high-ranking clergy members.The raids were conducted by the Los Angeles Regional Internet Crimes against Children task force, working directly with the Justice Department. Codenamed "Operation Broken Heart III", the sweeping raids targeted offenders wanted for the sexual exploitation of children, child prostitution, sex tourism and possessing and distributing child pornography, said Deputy Chief Matt Blake of the Los Angeles Police Department. Police stated that they are unable to release any names at this point, but confirmed that the arrested included some "household names" in the entertainment industry. Operation Broken Heart III is said to be part of a much larger operation that connects to national Elite pedophile rings and may extend worldwide.Among those arrested was an Australian politician who was attempting to "purchase" a 6-year-old boy.

LA Times reports: Among those arrested during sweeps in April and May were entertainers, community leaders, white-collar professionals and clergy members, said John Reynolds, acting special agent in charge for U.S. Department of Homeland Security Investigations."The incidence of child sexual exploitation has reached staggering proportions," he said at a news conference. Law enforcement officials said the arrests underscore the importance of families maintaining an open dialogue about Internet safety.     "Parents and kids need to have frank conversations about how to stay safe in cyberspace," Reynolds said. Children and teens, he said, are spending more time on the Internet and social media sites, where child predators often look for victims.The Los Angeles task force is one of 61 programs nationwide funded through the U.S. Justice Department’s Office of Juvenile Justice and Delinquency Prevention. Created in 2014, Operation Broken Heart gives law enforcement agencies and task forces an opportunity to combine resources and investigative tools to identify child sexual predators.The Los Angeles Police Department's Internet Crimes Against Children unit serves about 300 warrants each year in pursuit of child pornography suspects.In a high-rise building in Long Beach, 11 officers review an average of 350 child pornography cases a month. Investigators use forensic equipment inside a mobile crime lab named "The Beast" to scan through hard drives for any illicit images.In May, Michael Quinn, 33, traveled from Australia to Los Angeles to complete a deal to buy a 6-year-old boy for sex, according to the U.S. attorney’s office in Los Angeles.Undercover agents met Quinn on a social media networking site, where he had communicated that he wanted to “meet up with a dad who shares his young one,” according to prosecutors."Quinn explained to the undercover agent he was hoping to meet ‘other pervs’ in the U.S. and ultimately agreed to pay a human trafficker $250 to provide him with a young boy with whom he could engage in illicit sex," according to the U.S. attorney’s office in Los Angeles.Quinn went to a hotel in Los Angeles, where he planned to meet and party with three other child predators and engage in sex with boys, prosecutors said.Instead, undercover agents were waiting inside the hotel room.After Quinn handed money to an agent, who was posing as a sex trafficker, law enforcement authorities entered the room and arrested him, prosecutors said.Weeks later in Riverside, authorities arrested Kounzong Saebphang, 26, a monk, at his home in the Wat Lao Buddhist Monastery in Riverside.Authorities were investigating Saebphang since last year when they received information that he was possibly distributing child pornography, according to the Riverside County district attorney’s office.When federal investigators searched the monastery, they found at least one digital device containing child pornography in his belongings, prosecutors said.Prosecutors alleged he also distributed child pornography to another person through a social media site.

mercoledì 7 giugno 2017

La Giordania invita l'ambasciatore del Qatar a lasciare il Paese.


Anche la Giordania ha deciso di troncare, parzialmente, le relazioni con il Qatar. Ha  revocato innanzitutto la licenza alla televisione satellitare qatarina Al Jazira per trasmettere dal Paese, allineandosi così al blocco composto da Arabia Saudita, Emirati arabi uniti (Eau), Bahrain ed Egitto. Il governo di Amman ha invitato l'ambasciatore del Qatar a lasciare il Paese, ma senza interrompere le relazioni diplomatiche, come hanno  invece fatto gli altri Paesi.

"Dopo avere studiato le ragioni della crisi, il governo ha deciso di ridurre la rappresentanza diplomatica del Qatar nel Regno e revocare la licenza di Al Jazira", ha detto il portavoce dell'esecutivo, Mohammad Mumani, citato dall'agenzia Petra.

La Giordania riceve ogni anno centinaia di milioni di dollari dall'Arabia Saudita e dagli Eau a sostegno della sua fragile economia. Ma allo stesso tempo non può permettersi una rottura totale delle relazioni con il Qatar, dove lavorano circa 40.000 giordani.

Teheran sotto attacco. Kamikaze al Parlamento e al museo Komeini.


Sarebbero 7 le persone rimaste uccise nell'attacco al Parlamento di Teheran, e 4 sarebbero state prese in ostaggio, ma le notizie non sono state confermate.

Secondo i media locali il commando entrato in azione era composto da tre persone, due armate di kalashnikov e una di una bomba a mano. Secondo l'agenzia di stampa Fars, un solo assalitore avrebbe sparato diverse volte per poi fuggire.

L'agenzia  Tasnim parla di uno scontro a fuoco che sarebbe avvenuto in un corridoio del Majlis; una delle pallottole avrebbe raggiunto l'area riservata ai giornalisti. Alcuni testimoni dicono che dal Parlamento si sentono ancora degli spari. Tutte le strade del centro di Teheran che portano al palazzo sono state chiuse.

Altre persone sono invece rimaste ferite in una sparatoria avvenuta al mausoleo dedicato all'ayatollah Ruhollah Khomeini, nella zona sud di Teheran, dove sarebbe entrato in azione anche un kamikaze. Lo ripostarno l'agenzia di stampa Fars e l'emittente Press, secondo le quali un membro del commando che ha assaltato il mausoleo si sarebbe fatto saltare in aria.

Le forze di sicurezza iraniane avrebbero arrestato uno dei membri del commando che ha assaltato il mausoleo.

lunedì 5 giugno 2017

Terrorismo: Bahrain, Arabia Saudita, Egitto recidono i rapporti diplomatici con il Qatar.

Le principali nazioni della Lega Araba, tra cui l'Arabia Saudita, l'Egitto e gli Emirati Arabi Uniti hanno reciso i legami diplomatici con il Qatar. La decisione segue a ruota quella del Bahrain che primo fra tutti ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con Doha, accusata di sostenere i gruppi terroristici e di interferenze negli affari interni di altri Paesi. L'organo di informazione statale del Bahrain avverte che i cittadini del Qatar hanno 14 giorni di tempo per lasciare il paese. Interrotti anche tutti i collegamenti marittimi ed aerei.
Citando la “tutela della sicurezza nazionale”, Riyadh ha siglato il medesimo provvedimento chiudendo tutti i contatti di terra, mare e aria con Doha.  L'agenzia di stato saudita SPA ha scritto in un comunicato che il Qatar “abbraccia l'attività terroristica multipla e i gruppi settari che portano scompiglio nella regione, tra cui i Fratelli Musulmani, ISIS e Al-Qaeda, e promuove costantemente il messaggio e gli schemi di questi gruppi attraverso i loro stessi mezzi .”
La coalizione guidata dall' Arabia ha annunciato inoltre che la partecipazione del Qatar nell' operazione militare congiunta in Yemen è stata annullata.
Il passo successivo di questa pericolosa guerra diplomatica lo compie
L'Egitto. Attraverso l'agenzia di stampa Sputnik, anche il Cairo fa sapere che sta tagliando i rapporti con Doha, chiudendo tutti i suoi porti e lo spazio aereo alle navi e agli aerei del Qatar.
“Il governo della Repubblica araba d'Egitto ha deciso di rompere le relazioni diplomatiche con il Qatar a causa della continua ostilità delle autorità del Qatar verso l'Egitto,” recita la dichiarazione del Cairo che accusa inoltre Doha di sostenere organizzazioni terroristiche, tra cui i Fratelli Musulmani.
D. Bart

sabato 3 giugno 2017

Kabul: nuova esplosione. 7 morti e un centinaio di feriti.


È accaduto ancora,  nonostante in tutta Kabul la caccia agli attentatori suicidi sia inesorabilmente serrata. I morti sono sette e oltre 100 i feriti di questo nuovo attacco sferrato durante il funerale di una delle cinque persone uccise nell'attentato di venerdì.
L'ultima violenza avviene in una Kabul interamente bloccata, con la rabbia popolare contro il governo che sale di ora in ora.
I funzionari avevano raccomandato ai cittadini di evitare dimostrazioni, dal momento che i militanti sono sempre pronti all'attacco. Nemmeno una cerimonia fenebre  ferma la ferocia del terrorismo.
Punti di controllo erano stati istituiti nel centro di Kabul, mentre veicoli blindati pattugliavano le strade. Purtroppo i tre attentatori suicidi erano confusi tra famigliari e amici del defunto, figlio di un senatore. Affranto, l'uomo ha chiesto un indagine rapida per scoprire come si siano svolti i fatti e le falle nel servizio di sicurezza. Nessun, al momento, ha ricandidatura l'azione. I talebani stessi negano il proprio coinvolgimento.

Il presidente Ashraf Ghani ha scritto su Twitter: "Il paese è sotto attacco. Dobbiamo essere forti e uniti.".
Il ministro della salute, Rahmatullah Begana, presente al funerale, ha detto che la prima esplosione si è sentita all' inizio della cerimonia.
"Pochi minuti dopo, è avvenuta la seconda. Ho visto tante persone a terra, coperte di sangue", ha raccontato. Un altro testimone ha riferito all'agenzia  AFP di aver visto  "corpi che volavano a pezzi".
Kabul conta ora tre incidenti mortali in quattro giorni. La gente non ha nemmeno cominciato ad elaborare le conseguenze del grande attacco suicida che nei giorni scorsi ha provocato la morte di 90 persona
La ribellione verso il governo per non aver saputo prevenire questo attacco aveva portato, infatti, alle proteste il venerdì. Con le conseguenze che sappiamo: 5 vittime.  Ed ora è proprio il funerale di una di queste è stato preso di mira, presumibilmente da un gruppo militante.
Parecchi politici di alto profilo erano presenti al funerale di oggi. Il fatto che anche loro non siano immuni alla crescente violenza indica quanto sia alto il livello della minaccia in città.
Kabul una volta era considerata la parte più sicura dell'Afghanistan. È diventata la più  pericolosa.
Dell'attentato di Mercoledì con i 90 morti nel quartiere diplomatico della città, i
funzionari dei servizi segreti afgani hanno accusato la rete Haqqani, un affiliato dei talebani con presunti legami con il Pakistan.
Più di un terzo dell'Afghanistan è attualmente fuori dal controllo governativo.
Gli Stati Uniti hanno sul territorio circa 8.400 soldati,  altri 5.000 presenti nel Paese appartengono ad  alleati della NATO.
D. Bart.