sabato 23 agosto 2025

NETANYAHU CHIEDE LA CENSURA. MA LA VERITÀ NON È UN CRIMINE


 




Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in un'intervista rilasciata mercoledì scorso , ha invocato la censura dei social media per porre fine alle "calunnie del sangue" del XXI secolo, come l'affermazione che Israele starebbe facendo morire di fame i bambini di Gaza.



"Israele-dice- è accusato di far morire di fame i bambini, più o meno come nel Medioevo gli ebrei venivano accusati di uccidere i bambini cristiani per spargere il loro sangue".


E minaccia: "Dobbiamo fare qualcosa riguardo agli algoritmi dei social network".


Ma dire la verità non è un crimine. Commettere un genocidio, si.


Ecco perché Israele ha dovuto eliminare tanti giornalisti e le loro famiglie: come monito per gli altri a non denunciare gli orrori di quanto sta avvenendo a Gaza. Molti americani si stanno ribellando ed esprimono il proprio dissenso sui social: “È orribile sapere che sono costretto a finanziare questo massacro.”

Perché numerose sono ormai le prove che tutto l’orrore raccontato da Gaza è terribilmente vero. E ciò che vediamo non è nemmeno la parte più disgustosa di questo che viene chiamato genocidio.

Non ha nulla a che fare con la calunnia del sangue, ma con video quotidiani di bambini  fatti a pezzi dalle bombe, bambini mutilati e assassinati. 

Bambini che vengono affamati, fucilati, fatti saltare in aria. Tutto ciò è malvagio. Israele è malvagio, Trump è malvagio perché lo sostiene e lo finanzia. Malvagia è ogni singola persona nel mondo che approva e persino applaude. 


Netanyahu ha lanciato un appello alla censura tracciando un parallelo diretto tra le attuali accuse secondo cui Israele starebbe facendo morire di fame i bambini palestinesi e le storiche accuse di "diffamazione del sangue" usate per perseguitare gli ebrei nell'Europa medievale. Con la sua credibilità internazionale gravemente compromessa, questa strategia sembra mirare meno a conquistare l'opinione pubblica globale e più a rafforzare il messaggio diretto al suo pubblico interno, quello che lo sostiene.


Nel tempo e nella Storia grandi giuristi, statisti, filosofi hanno tentato di indicarci la strada della giustizia, della democrazia, della comprensione, dell’amore e del rispetto verso all’altro. 


Benjamin Franklin, Noam Chomsky, Nietzsche, Brandeis, John Stuart Mill. Carl Sagan,Truman, Euripide, Ken Ammi. Ognuno di loro, ed altri, hanno tracciato un codice incancellabile e inesorabilmente  ineludibile se vogliamo dirci e sentirci umani. 


Chiunque voglia sovvertire la libertà di una nazione deve cominciare col soggiogare la libertà di parola.

Chi combatte i mostri deve fare attenzione a non diventare egli stesso un mostro. “E se guardi a lungo nell'abisso, l'abisso guarderà anche dentro di te.”

Se c'è tempo per smascherare attraverso la discussione la falsità e gli errori, per scongiurare il male attraverso i processi educativi, il rimedio da applicare è più parola, non il silenzio imposto.

Il male distintivo del mettere a tacere l'espressione di un'opinione è che ciò deruba il genere umano, chi verrà dopo di noi, così come la generazione attuale, coloro che dissentono dall'opinione, ancor più di coloro che la sostengono. Se l'opinione è giusta, vengono privati ​​dell'opportunità di scambiare l'errore con la verità; se è sbagliata, perdono un beneficio quasi altrettanto grande: la percezione più chiara e l'impressione più vivida della verità, prodotte dalla sua collisione con l'errore.


“La libertà di parola è uno dei pilastri principali di un governo libero; quando questo sostegno viene meno, la costituzione di una società libera si dissolve e sulle sue rovine si erige la tirannia.”


Una delle lezioni più tristi della storia è questa: se siamo stati ingannati abbastanza a lungo, tendiamo a rifiutare qualsiasi prova dell'inganno. Non siamo più interessati a scoprire la verità. L'inganno ci ha catturati. È semplicemente troppo doloroso ammettere, anche a noi stessi, di essere stati ingannati. Una volta che si dà potere a un ciarlatano su di noi, non lo si recupera quasi mai. Se non riusciamo a pensare con la nostra testa, se non siamo disposti a mettere in discussione l'autorità, allora siamo solo creta nelle mani di chi detiene il potere. Ma se i cittadini sono istruiti e formano le proprie opinioni, allora chi detiene il potere lavora per noi. In ogni paese, dovremmo insegnare ai nostri figli il metodo scientifico e le ragioni di una Carta dei Diritti. Con essa arrivano una certa decenza, umiltà e spirito di comunità. Nel mondo infestato da malvagi, vivere in virtù della nostra natura umana, potrebbe essere tutto ciò che ci separa dall'oscurità.

Nel mondo infestato dai bruti: la scienza come una luce nell'oscurità. 


Una volta che un governo si impegna a mettere a tacere la voce dell'opposizione, ha una sola strada da percorrere: quella di adottare misure sempre più repressive, fino a diventare una fonte di terrore per tutti i suoi cittadini e a creare un paese in cui tutti vivono nella paura.


Questa è schiavitù, repressione dei propri pensieri.


Il trucco più grande che il Male  abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esisteva.

Il secondo più grande trucco che il Male abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui è il buono.


Goebbels era a favore della libertà di parola per le opinioni che gli piacevano. Lo era anche Stalin. Se sei davvero a favore della libertà di parola, allora sei a favore della libertà di parola proprio per le opinioni che disprezzi. Altrimenti, non sei a favore della libertà di parola.


Dopo il 12 giugno 2025, Israele ha rischiato di scatenare la Terza Guerra Mondiale con un attacco aereo non autorizzato contro l'Iran, condotto mentre Trump era attivamente impegnato nei negoziati di pace, senza la sua preventiva conoscenza o il suo consenso. Trump, inspiegabilmente, li ha difesi come un genitore che protegge un figlio viziato che non poteva sbagliare.


Israele ha lanciato attacchi aerei contro l'Iran il 12 giugno 2025, prendendo di mira i suoi impianti nucleari e altri siti, in un contesto di crescente tensione. Ciò è avvenuto mentre Trump stava portando avanti negoziati diplomatici con l'Iran per frenare il suo programma nucleare, compresi i colloqui mediati in Oman a partire da aprile 2025.

giovedì 7 agosto 2025

LA DESTRA OGGI: OPINIONE O DIAGNOSI?

 





Essere di destra oggi non è un’opinione, no, è proprio una diagnosi. Un cortocircuito mentale che si spaccia per identità. 


È come se una parte del cervello si fosse proprio inceppata, bloccata su due o tre slogan da stadio, ripetuti a pappagallo mentre il mondo, beh, va avanti e loro restano lì, a inseguire una bandiera sbiadita. 


A volte pensi : ma dai, non è possibile! Non possono essere così ottusi, così dannatamente banali, così allergici alla realtà da fare dell’ignoranza un manifesto politico.

Non possono davvero pensare che un meme preso da un gruppo WhatsApp – uno qualsiasi! – sia una prova storica, o che un libro, uno solo, serva solo come fermacarte per il loro tavolino. E invece eccoli lì, a brandire crocifissi nei selfie come se fossero clave, a urlare “valori” con la convinzione di chi legge la lista della spesa di un discount. 





Ma ti chiedi, sul serio, come fanno a vivere senza mai aprire un libro? Senza un minimo di curiosità, senza un briciolo di dubbio che li spinga fuori dal loro cortile mentale, tutto recintato con filo spinato. Come si fa a scambiare la violenza per ordine, l’arroganza per patriottismo, l’ignoranza per una medaglia da mettersi al petto? Come si può, tirare in ballo Dio, i Vangeli, la “tradizione” per giustificare cattiveria, rancore, e quella totale, completa incapacità di pensare? È come se avessero preso il Vangelo e l’avessero usato per accendere un falò, ma non di legna, di libri!


Poi apri X e trovi i post di Salvini, Meloni, Lollobrigida – la santa trinità dell’imbarazzo nazionale. Selfie davanti a un crocifisso, con quei sorrisi che sembrano usciti da un catalogo di televendite di quart’ordine. Twittano di “popolo” e “gente vera”, ma poi inciampano in gaffe che farebbero arrossire un bambino delle elementari – tipo Meloni- che parla di “sovranità”, ma sembra confonderla con un condimento per la pasta. Coltivano l’ignoranza come un orto di cemento, la coccolano, la trasformano in voti. E, incredibile, ci riescono pure.


E poi, i commenti! Un circo di no-vax che giurano che il vaccino è un chip 5G, putiniani che vedono Mosca come il faro della libertà, terrapiattisti con un master in Google e negazionisti del clima che dicono che l’estate è solo “un po’ più calda”. Gente che scambia la propria incapacità di capire un grafico per la prova che il mondo è un complotto. Gente che trasforma il proprio fallimento esistenziale in una crociata contro “i poteri forti”. E che cosa fanno? Votano chi è fatto esattamente come loro: confuso, arrogante, rancoroso. Stupido. E fiero di esserlo!


Non è solo ignoranza, è proprio una scelta di vita. Una struttura mentale che odia la complessità come se fosse un insulto personale. È la psicologia dell’autoritarismo, quella studiata già negli anni ’50: rigidità cognitiva, paura dell’ambiguità, un bisogno disperato di un capobranco che urli al posto loro. Chi ama l’autoritarismo non regge il caos della libertà. Hanno bisogno di certezze, anche se sono balle; di gerarchie, anche se schifose; di un nemico da odiare, anche se inventato. La violenza, per loro, è una scorciatoia: un pugno sul tavolo che zittisce le domande, un manganello che disegna un ordine fittizio. È il loro modo di calmare l’ansia di un mondo troppo grande, troppo complicato, troppo pieno di sfumature che non capiscono. Non riescono a pensare, e allora colpiscono. Non riescono a capire, e allora seguono. E trovano rifugio in chi promette muri, divise, slogan gridati a squarciagola, perché il silenzio della riflessione li spaventa a morte.


Questi bisogni psicologici – sicurezza, appartenenza, controllo – si trasformano in politiche. Votano per chi dà risposte semplici, anche se sono sbagliate; per chi agita il pugno e chiama “giustizia” la prepotenza; per chi trasforma l’insicurezza personale in un’ossessione per i “confini” e l’“identità”. 

È come se la loro fragilità mentale avesse bisogno di un dittatore da applaudire, di un “uomo forte” che li salvi dal dover pensare da soli. La violenza diventa il loro feticcio, non solo fisica, ma verbale, culturale, politica. È il loro modo di sentirsi vivi, di coprire il vuoto di un cervello in modalità risparmio energetico, come una lampadina fulminata.


Bisogna quasi ammirarli: ci vuole un talento raro per fare dell’ottusità una bandiera e della superficialità un programma politico. 


Chi è di destra oggi si rifugia in questa modalità Non deve pensare. Non deve cambiare. Non deve capire. Basta appartenere. Basta odiare. Basta gridare “prima gli italiani” mentre il cervello si spegne.

E non è un caso se lì trovi sempre corrotti, cialtroni, razzisti, ministri che sembrano usciti da un reality show. Gente che, in un mondo normale, non gestirebbe nemmeno un chiosco di granite, e invece eccola lì: a legiferare, urlare, incassare. A rappresentare il “popolo vero”. E i loro elettori? Si sentono la “maggioranza silenziosa”, la “gente che lavora”. Ma se gratti un po’ la superficie trovi un deserto di idee, un abisso di ignoranza, una collezione di pregiudizi spacciati per verità assolute. Odiano chi studia, chi dubita, chi pensa. Perché pensare è fatica.


Essere di destra oggi è scegliere la corsia preferenziale per l’abisso culturale. È dire: “Non voglio sapere, non voglio capire. Voglio solo urlare più forte.” È applaudire chi sbraita di più, perché ti fa sentire meno solo nella tua rabbia confusa. È votare come se scegliessi il gusto di un gelato avariato, convinti che sia alta cucina.


E il vero mistero? È come facciano a radunarsi nei loro circoli, a condividere meme che sembrano scritti da un generatore di frasi a caso, a guardare i loro condottieri analfabeti in TV e pensare: “Sì, questo è il piano, questo è il nostro riscatto!” Un riscatto che non arriva mai, perché la loro rivoluzione è solo un post su X con l’hashtag sbagliato, due errori di ortografia e un emoticon messo a caso.



(@X:Timostene)